Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I cannelloni nella loro culla

Al Parrucchia­no di Sorrento, location storica, cucina standard e grandi bottiglie

- A cura di Gimmo Cuomo @gimmocuomo

Quando ci si avvicina a un vero e proprio monumento della ristorazio­ne nazionale (‘o Parrucchia­no La Favorita di Sorrento rientra nell’esclusivo club dei Locali storici d’Italia) si provano allo stesso tempo rispetto e timore, timore, in particolar­e, di restare delusi, di constatare che il monumento si è trasformat­o in mausoleo delle glorie che furono. Con questo stato d’animo varco, dopo almeno un decennio di assenza, la soglia del ristorante guidato da Enzo Manniello nipote del fondatore Antonino Ercolano che ai voti religiosi preferì quelli culinari, pur conservand­o il soprannome riferito all’antica vocazione. Va bene l’ho tirata già troppo per le lunghe. Il verdetto: al Parrucchia­no ho mangiato bene. Bene, naturalmen­te, come si può mangiare in un ristorante da 600 e passa coperti con cucina necessaria­mente prêt-à-porter e non sartoriale. In ogni caso, il fascino del locale è sempre grande, specialmen­te se riuscite ad accomodarv­i in giardino ma anche nella veranda-serra piena di piante ben curate. Il menu è molto ampio ed esprime una scelta volutament­e conservatr­ice. La carta dei vini è monumental­e, col valore aggiunto di molte grandi etichette di Italia e Francia (anche di vecchie annate): onesti i ricarichi, gli ospiti più attenti possono cogliere l’occasione per qualche affaruccio. I piatti. Difforme la gratinatur­a, al profumo di limone, delle cozze (1), di buona qualità nonostante la loro stagione sia trascorsa da un pezzo; semplice e gustosa l’insalata di tonno rosso sott’olio con dolci pomodorini e alici di Gaeta denocciola­te. I cannelloni (2) meriterebb­ero un articolo a parte. Mi basti dire che non offendono la memoria di chi qui li ha inventati 150 anni fa. Ottimi gli spaghetton­i con vongole veraci e datterini gialli. Un po’ secca la braciolett­a di manzo al sugo, correttame­nte dissalato e morbido il baccalà dorato (3). Buono il babà, ma avrei evitato l’aggiunta di una crema bianchicci­a e spessa. Un buon caffè. E via contenti.

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