Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Io, Ricciardi, vi svelo la mia faccia di carta
Dodici anni. Sono pochi o sono molti, per un personaggio di carta?
Moltissimi, direi. Perché sapete, le storie abitano tutte nello stesso posto e molte, quasi tutte, restano per sempre ad aleggiare in attesa di essere raccontate. Sono poche a essere fortunate, a trovare chi le venga a prendere, le soppesi, le osservi per un po’ e poi le trasferisca sulle pagine per essere lette. Alcune sono bellissime ma legate a un tempo, e passano irrimediabilmente per essere dimenticate; altre incontrano uno che decide di narrarle, ma una volta sola. Io invece sono stato raccontato per oltre venti volte, con un mondo attorno che ogni volta guadagnava un pezzo, una faccia, un’espressione. Odori e sapori che diventavano reali, percepiti dai sensi del mio autore prima e dei lettori poi.
Le pagine, la parola scritta sono un’esperienza sensoriale. Un’immersione progressiva, come si fa in un mare sconosciuto e scuro, che riserva dapprima un abbraccio ignoto e poi diventa una placenta accogliente e tiepida. Quando una storia viene scritta decide di fare a meno degli occhi, perché gli occhi sono il più diretto dei contatti ma anche un diaframma: se vedo qualcuno so subito che quel qualcuno non sono io; se leggo invece di un personaggio, quel personaggio divento io. Ne conosco pensieri ed emozioni, sentimenti e sensazioni.
Questa è stata la mia vita in questi dodici anni. Tanti, tantissimi lettori sono diventati me, o Maione, o Livia e Modo, perfino Bambinella e la mia Enrica. Il mio mondo ha ospitato tutti quelli che si appassionavano alle mie storie fatte di parole e di sensazioni.
Ma nel frattempo, che cognizione ho avuto io di me stesso?
Avete forse presente l’immagine fugace di quando vi guardate allo specchio, di mattina. Un lampo, una figura indistinta che poi magari non riconoscete nelle fotografie. Ma sono io, quello?, vi chiedete. Qualcuno di ben diverso da chi avete fissato nel vetro, occhi negli occhi, prima di affrontare una nuova giornata dimenticando espressioni e profili. Ecco chi sono stato io per me, mentre attraverso stagioni e canzoni e figure morte e io ho potuto incontrare la mia vera faccia. E a modo mio, sulle pagine di un racconto, in mezzo alle persone che mi sono care e a quelle che invece per me non lo sono affatto, lungo le strade di questa stessa città come la vedo io ogni giorno. Il mio mondo, attorno a me. Con l’arte dell’immaginazione, come dev’essere per un personaggio di carta, meravigliose mani di questa terra mi hanno costruito pezzo per pezzo, così come il mio autore mi ha intravisto in tante storie;