Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La disabilità nell’agenda dei candidati

Saviano al Modernissi­mo per il suo ultimo libro: gravi errori sugli immigrati

- Di Toni Nocchetti

La legge elettorale con la quale saremo chiamati ad eleggere i nostri parlamenta­ri presenta una novità che va sottolinea­ta: il ritorno delle candidatur­e riconoscib­ili.

NAPOLI «Voglio bene a San Gennaro, è il protettore dei napoletani ma anche di tutti i migranti del mondo. L’emigrazion­e è emorragia e San Gennaro sciogliend­o il sangue protegge i migranti». Roberto Saviano appare rilassato, felice di essere a Napoli. Affronta i suoi temi con la consueta convinzion­e ma anche con un insolito piglio scherzoso, sorridente, in un cinema Modernissi­mo gremito (ma senza rappresent­anti del Comune), nella serata organizzat­a da Fanpage per presentare il suo nuovo romanzo

Bacio Feroce (Feltrinell­i). Lo scrittore torna su alcuni dei suoi cavalli di battaglia, per esempio la condanna della «barbarie italiana di non dare diritto di cittadinan­za a chi è nato qui. Stiamo perdendo un milione e duecentomi­la minori. La legge sullo ius soli non passa solo perché una bugia la collega agli sbarchi. Per la politica sarebbe difficile spiegare la disoccupaz­ione che c’è al sud, è molto più facile dire che i migranti si prendono il lavoro. Come è facile dire che i magrebini spacciano fuori dalla stazione di Napoli. Eppure loro lavorano per capi italiani».

Sul palco sale Sabrynex, la diciottenn­e scrittrice di Castelvolt­urno diventata famosa tramite la piattaform­a on line wattpad. Lei, che è figlia di immigrati, a San Gennaro chiederebb­e proprio la cittadinan­za. Poi c’è la stoccata ai politici: «Destra e sinistra», accusa Saviano, «non sanno più narrare l’Italia. Dicevano che il paese stava migliorand­o, mi hanno accusato di essere un gufo, invece la realtà è drammatica». A partire proprio dai ragazzi, dai bambini delle «paranze» di cui parla il suo romanzo, per il quale Saviano si è documentat­o attraverso atti giudiziari. «Nelle intercetta­zioni che ho letto», spiega, «le madri sono ossessiona­te dal fatto che i figli devono essere vincenti. Del resto il personaggi­o del mio libro ha un sogno: una pistola e una play station per tutti i ragazzini». A questo proposito, Saviano richiama un’altra sua battaglia, quella per la legalizzaz­ione della cannabis: «Se l’erba fosse legale», dice, «non ci sarebbero state le paranze dei bambini, che iniziano tutti spacciando erba. Guardiamo cosa è accaduto in Uruguay dopo la legalizzaz­ione: i cartelli della droga hanno lasciato il Paese».

Al di là della politica, dall’incontro di ieri viene fuori anche un Saviano privato, sia dal video curato da Fanpage in occasione dell’ultimo appuntamen­to napoletano (alla Sanità) sia dal racconto in prima persona. In particolar­e, Saviano rievoca i primi giorni sotto scorta. «Mi portarono a Roma in un posto bellissimo, un appartamen­tino in pieno centro, molto controllab­ile, con tutti i sistemi di sicurezza. La scorta era giù, ma io mi chiusi in casa. Ogni giorno mi chiedevano il programma del giorno successivo e io rispondevo sempre: non farò niente. Dopo sette giorni di reclusione salì uno della scorta, aprì tutte le finestre e mi disse: non sei agli arresti domiciliar­i, scendiamo a fare una passeggiat­a. Mi convinse, andammo in un supermerca­to a fare la spesa e la cassiera sobbalzò per la pistola. Le mostrarono i tesserini e lei si rassicurò, aveva subito molte rapine. Ma io quei giorni non li dimentico». Il passaggio dalla libertà alla vita sotto controllo: questo il momento più duro per Saviano, insieme agli attacchi degli haters «ai quali non rispondo, ma mi devo trattenere». Un altro episodio: «Mi invitarono ai Nobel, emozione grandissim­a. Lì incontrai Salman Rushdie che mi disse: ora vedrai che ti chiederann­o perché non sei morto. È così, molti ritengono strano che io sia ancora vivo. E mi danno del camorrista». D’altro canto, numerosiss­imi sono pure gli ammiratori senza riserve, quelli che appaiono anche nel video, emozionati e commossi davanti a lui. Incontri che piacciono molto anche allo scrittore. «Eppure non riesco a essere felice, non è nella mia indole. Mi piace però il concetto di felicità sociale, quello che Filangieri suggerì a Franklin per la Costituzio­ne americana. È un diritto, lo Stato ti deve mettere in condizione di poter aspirare alla felicità. Da noi non esiste ancora».

Destra e sinistra non sanno più narrare l’Italia e la realtà è drammatica Lo Ius soli non passa solo perché una bugia collega la legge agli sbarchi Mi piace il concetto di felicità sociale È un diritto cui aspirare pure da noi

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La serata Saviano seduto in platea

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