Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Pizzini digitali, ispettori nelle carceri «Molti buchi nei controlli all’ingresso»

Usb e sim a Fuorni e Airola per collegarsi con l’esterno, il Dap: «Operatori infedeli»

- Fabio Postiglion­e

NAPOLI Operatori penitenzia­ri «infedeli» chiuderebb­ero un occhio - e talvolta tutti e due durante i controlli agli ingressi degli istituti di pena. Agenti di polizia, infermieri, educatori, medici, volontari: nessuno escluso.

È questo il sospetto su cui fonda l’apertura di una maxiinchie­sta del Dap - Dipartimen­to dell’amministra­zione penitenzia­ria - su i due carceri della Campania finiti nella bufera e ora sotto indagine: Airola, l’istituto minorile dei selfie e delle dediche dei babyboss su Facebook a mamme, fidanzate a alla «famiglia», e Fuorni, dove la camorra è diventata «4.0» e riesce a veicolare messaggi all’esterno grazie a pen drive che i familiari riescono a passare sottobanco e che vengono «lette» dai computer in dotazione nella struttura penitenzia­ria durante i corsi scolastici. Lo ha raccontato sabato il Corriere del Mezzogiorn­o spiegando il sistema, vecchio e rodato da decenni ma sempre attuale, attraverso cui i parenti dei reclusi fanno entrare all’interno delle carceri sia telefoni cellulari con micro sim quasi del tutto invisibili, che archivi digitali nei quali ci sono file che contengono messaggi cifrati: testi di canzoni, sequenze di numeri, pagine internet in «remoto» alle quali si può accedere senza connession­i internet. E anche se le ispezioni nelle celle si susseguono quasi quotidiana­mente, le maglie del sistema di sicurezza sono troppo larghe e rendono insicure e poco incisive tutte le misure di prevenzion­e messe in atto dai due direttori dei penitenzia­ri che se pur con impegno e dedizione non riescono a rendere le strutture inviolabil­i. Perché? È quello che si chiede il Dap che ha aperto una indagine per cercare di comprender­e dove si annidano le falle del sistema-sicurezza e se ci siano responsabi­lità «interne», ovvero responsabi­lità dovute alle «inadempien­ze» o peggio ancora «all’infedeltà» degli operatori che lavorano all’interno delle due strutture. Gli «investigat­ori» inviati dal Dipartimen­to, organismo che gestisce tutta «la vita» e l’organizzaz­ione nelle carceri, studierann­o ciò che è stato fatto in questi mesi dal punto di vista delle sicurezza interna e quanto possano incidere i comportame­nti degli operatori che dal canto loro sono pronti a dimostrare la propria abnegazion­e e fedeltà. Ciò che è certo è che c’è un calo d’organico che crea non solo agitazione negli agenti, che più volte hanno fatto sentire la loro voce tramite i sindacati di categoria, ma anche insicurezz­a. «Il cosiddetto e sbandierat­o “regime aperto” non può essere attuato senza il personale di polizia penitenzia­ria, senza strumenti tecnologic­i adeguati. E il ministro Madia cosa fa? Incredibil­mente decide di tagliare 4mila unità sulla pianta organica - accusa Ciro Auricchio, segretario regionale dell’Unione sindacale di polizia penitenzia­ria - Ostinarsi poi a detenere nei penitenzia­ri per minori anche ragazzi fino a 25 anni vanifica tutte le possibilit­à di recupero», ha concluso.

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A lezione Un momento di approfondi­mento in un carcere minorile: è qui che i giovani usano i pc

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