Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Maroni: pronto a dare risorse al Sud ma che siano per le infrastrutture non certo per altri stipendi da pagare
Il presidente della Lombardia: così risolviamo la Questione meridionale
«Esportare il modello Lombardia al Sud per risolvere definitivamente la Questione meridionale». È quanto afferma Roberto Maroni, presidente della Lombardia, reduce dalla recente consultazione referendaria che nella sua regione, come in Veneto, ha consegnato un risultato incoraggiante per affrontare una nuova trattativa con il Governo, nello spirito dell’articolo 116 della Costituzione, sul trasferimento di competenze dallo Stato.
Maroni, lei si batte per ottenere il cosiddetto coordinamento fiscale e in qualche modo pretenderebbe che siano le Regioni virtuose del Nord a valutare come e quante risorse destinare al Sud. Ma così non si sottrae sovranità decisionale alle comunità meridionali?
«Di fronte alle accuse di egoismo nei confronti del Mezzogiorno ho soltanto replicato che anzitutto stiamo parlando di soldi nostri; e poi ho fatto riferimento al residuo fiscale che, come si sa, è la differenza tra quanto viene raccolto con le entrate tributarie e la spesa pubblica che ricade nello stesso territorio. Giusto per capirci: il nostro residuo fiscale ammonta a 54 miliardi, mentre quello della Catalogna è di appena 8 miliardi di euro. Ho, inoltre, spiegato che a me basta la metà del residuo calcolato, 27 miliardi, per gli investimenti necessari in Lombardia. Ma sono pronto a concedere le altre risorse per dare una mano ai colleghi delle Regioni del Sud».
In che modo?
«Per realizzare infrastrutture e opere. Purché si tratti di investimenti per lo sviluppo e non di stipendi da pagare. Insomma, sono interessato a prestare queste risorse a condizione che producano lavoro e, nel contempo, generino sul mercato una richiesta di prodotti che le industrie lombarde saranno in grado di assicurare. Ma lungi da me qualsiasi interferenza sulla sovranità delle comunità meridionali».
Dunque, lei presterebbe risorse al Sud per far lavorare le imprese del Nord?
«La convenienza è reciproca, e poi credo che in questo modo si possa definitivamente chiudere con gli sprechi. Il vero obiettivo è l’efficienza e la lotta allo spreco. La modalità potrebbe essere la stessa del Fondo sociale europeo o del Fesr: si costituisce un fondo comune e i progetti delle Regioni migliori vengono finanziati. Con il presidente De Luca ho già sottoscritto una intesa sui costi standard e devo dire che è stato bravo a cogliere la sfida sul buon governo».
L’ex governatore di centrodestra, Caldoro, ha elaborato una proposta referendaria che invece vuole più Stato al Sud, maggiore equità su sanità, welfare e trasporto pubblico, e una macroregione meridionale. Ma è contrario a trattenere il residuo fiscale. Su questi temi il centrodestra si divide?
«Quelle di Caldoro sono obiezioni che hanno impedito di risolvere, finora, la Questione meridionale, confermando privilegi e inefficienze. Inoltre, le macroregioni afferiscono alla competenza parlamentare, come sancisce la Costituzione, e non possono essere oggetto di referendum consultivo. Mentre i costi standard sono garanzia di efficienza e risparmio: se tutte le Regioni spendessero come la Lombardia si risparmierebbero 23 miliardi l’anno».
Partendo da quale nodo che impedisce di liberare sviluppo?
«La Campania ha 6 milioni di cittadini e oltre 5000 dipendenti regionali? Noi con 10 milioni di cittadini lombardi abbiamo soltanto 3000 dipendenti regionali e non mi pare che affanniamo in efficienza. Occorre soltanto più coraggio».
I governatori del Mezzogiorno si lamentano che in Conferenza Stato—Regioni prevale il patto degli interessi settentrionali rappresentato dalla complicità che si stabilisce tra Lega e Pd contro le Regioni del Sud, come nel caso del fondo di riparto per la sanità che continua a vedere fortemente penalizzata l’assistenza sanitaria nel Meridione. Non si sente in colpa?
«Assolutamente no perché non è così. Forse il riferimento è alle Regioni a statuto speciale che si sottraggono ai tagli dei trasferimenti. L’assessore lombardo alla Sanità, Garavaglia, sa bene che nel suo mandato non è prevista alcuna azione finalizzata a penalizzare il Mezzogiorno».
Maroni, perché il regionalismo differenziato dovrebbe risultare conveniente per il Sud?
«La risposta è che migliora la qualità della spesa e dei servizi. La Ue ci ha riconosciuto Regione benchmark su formazione, scuola e accompagnamento dei giovani nel mercato del lavoro. Perché non utilizzare lo stesso modello nelle altre Regioni se è vero che nel Mezzogiorno i fondi europei non vengono spesi? Noi abbiamo ottenuto con la programmazione 2014/20 una dotazione maggiorata del 60 per cento rispetto al passato e sa perché? Perché siamo riusciti a spendere bene tutte le risorse. Mentre le aggiungo che è un peccato intollerabile non spendere i soldi del Fondo sociale europeo e quelli del Fondo europeo di sviluppo regionale come è avvenuto nel Meridione».
Lei suggerisce di importare il modello lombardo di spesa e investimenti. Ma non tutte le regioni sono uguali: i problemi non sono sempre gli stessi così come le potenzialità territoriali. Insomma, se la democrazia non si può esportare per quale motivo dovrebbe essere più semplice esportare efficienza?
«Io faccio riferimento ad un modello di sviluppo riconosciuto dall’Europa. E sono felice che il referendum consultivo svolto in Lombardia e in Veneto sull’autonomia regionale abbia innescato una nuova competizione tra territori, restituendo il giusto protagonismo alle nostre comunità. Sicuramente non è ammissibile che il Molise, con i suoi 300 mila abitanti, si faccia carico di tutte le competenze. Ma che una Regione vicina possa correre in suo aiuto sul versante, per esempio, infrastrutturale, al fine di realizzare opere comuni, credo sia auspicabile oltre che possibile. Inoltre, ritengo che il risultato referendario di domenica scorsa possa scrivere una nuova pagina di collaborazione tra Nord e Sud, nella esigenza comune di migliorare i servizi per le nostre comunità e la qualità della spesa pubblica».