Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Accesso vietato agli studiosi Ma la nostra presenza serve»
Anidride carbonica e acido solfidrico alle stelle E da due giorni i soffioni non si vedono più Gli allarmanti risultati delle ultime ricerche
POZZUOLI Il cancello della Solfatara è chiuso. Nastro bianco e rosso a delimitare la zona vietata già pochi metri dopo l’ingresso. Una famigliola di turisti francesi chiede spiegazioni: «Mi spiace, non si entra, lavori in corso» taglia corto un dipendente. La notizia viene accolta dai transalpini con una smorfia di delusione. Poi papà, mamma e figlia adolescente decidono di dare un’occhiata dall’alto, dalla strada in salita che costeggia il vulcano. Solo che di fumarole non c’è nemmeno l’ombra. È così da 48 ore. Due giorni che le emissioni gassose non si vedono più. C’è chi lo spiega con il clima caldo secco che non farebbe distinguere vapori acquei e gas vari dall’atmosfera. Ma le ragioni potrebbero essere anche altre, magari legate proprio all’attività vulcanica nel sottosuolo. Qualcosa sta cambiando nel ventre del vulcano che ribolle? Chissà. Per capirlo occorrerebbero studi specifici e controlli approfonditi come la campionatura dei fluidi, che negli ultimi vent’anni è stata eseguita dagli esperti dell’Ingv con cadenza mensile. Ma dal 12 settembre, quando qui dentro sono morti due genitori e un bimbo, l’area è sotto sequestro, quindi inaccessibile a tutti, studiosi compresi. E così per capire se le fumarole stanno davvero scomparendo e magari s’incanalano nel sottosuolo, o se la quantità di gas letale H2S (acido solfidrico, quello che è accompagnato dal caratteristico odore di uova marce) emessa è davvero aumentata e fino a che punto, sarà necessario chiedere l’autorizzazione in Procura.
Ma chi deve chiedere questo benedetto permesso? Per la direttrice dell’Osservatorio Vesuviano Francesca Bianco non c’è dubbio: «È il Dipartimento di Protezione civile al quale spetta il compito, noi come studiosi non possiamo più entrare per eseguire le campionature periodiche dei fluidi. Va detto però che il monitoraggio del vulcano, sia geofisico che geochimico, continua attraverso i sensori già installati nel sito che ci inviano di continuo i dati». Ma gli scienziati ritengono che sopralluoghi e campionature si dovrebbero comunque effettuare periodicamente, ora ancor più che in passato perché — è bene ricordarlo — ci troviamo in un’area vulcanica a livello giallo, quello di attenzione. Dal 2013 insomma l’intera zona di Pozzuoli è «sorvegliata speciale» e ancor più dovrebbe esserlo un vulcano che mostra segni di accresciuta attività. L’aumento del rischio può essere dovuto proprio a una maggiore pressione verso la superficie che finisce per erodere e indebolire la «crosta». Ecco perché in alcuni punti il terreno potrebbe cedere e inghiottire qualche visitatore, come è successo a settembre. Altro rischio: l’incremento delle emissioni venefiche. Per i vulcanologi può essere una logica conseguenza dell’aumento di attività.
Proprio il 28 luglio scorso una ricerca pubblicata su Scientific reports ha dimostrato che la Solfatara rilascia grandi quantità di anidride carbonica paragonabili a quelle emesse da un vulcano attivo. Lo studio («Monitoring diffuse volcanic degassing during volcanic unrests: the case of Campi Flegrei») , coordinato dal professor Carlo Cardellini dell’Università di Perugia, conferma una volta di più come il sottosuolo flegreo sia in continua evoluzione. Del resto, una relazione inviata il 2 luglio 2015 dal vulcanologo Giovanni Chiodini al Ministero dell’Ambiente, avvertiva di come la Solfatara stesse attraversando una fase di grande vivacità, tanto per usare un eufemismo. Ma anche la zona di via Pisciarelli, non lontana dal sito è stata interessata da un incremento costante delle attività delle fumarole e di tutti i valori. «In particolare — ha scritto Chiodini — un pericolo di attività freatica (eruzioni di vapore bollente e colate di fango caldo, ndr) nell’area di Pisciarelli si è concretizzato nel divieto di accesso emanato dalla Protezione civile».
E alla Solfatara? Fino alla tragedia di settembre le visite dei turisti sono proseguite. Eppure, per citare ancora la relazione di Chiodini, dal 2015 l’area «emette circa 3000 tonnellate di anidride carbonica al giorno, quantità sorprendentemente elevata — ha aggiunto — che colloca la Solfatara all’ottavo posto tra i vulcani studiati in tutto il pianeta».
E dunque il principio di precauzione non può che giustificare il sequestro e il divieto di entrarci. Resta il problema dei sopralluoghi degli studiosi. Si riuscirà a trovare un equilibrio tra la legge e le ragioni della prevenzione?
Il monitoraggio Continua con la rete strumentale ma servirebbero anche dei sopralluoghi