Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Accesso vietato agli studiosi Ma la nostra presenza serve»

Anidride carbonica e acido solfidrico alle stelle E da due giorni i soffioni non si vedono più Gli allarmanti risultati delle ultime ricerche

- Dall’inviato Roberto Russo

POZZUOLI Il cancello della Solfatara è chiuso. Nastro bianco e rosso a delimitare la zona vietata già pochi metri dopo l’ingresso. Una famigliola di turisti francesi chiede spiegazion­i: «Mi spiace, non si entra, lavori in corso» taglia corto un dipendente. La notizia viene accolta dai transalpin­i con una smorfia di delusione. Poi papà, mamma e figlia adolescent­e decidono di dare un’occhiata dall’alto, dalla strada in salita che costeggia il vulcano. Solo che di fumarole non c’è nemmeno l’ombra. È così da 48 ore. Due giorni che le emissioni gassose non si vedono più. C’è chi lo spiega con il clima caldo secco che non farebbe distinguer­e vapori acquei e gas vari dall’atmosfera. Ma le ragioni potrebbero essere anche altre, magari legate proprio all’attività vulcanica nel sottosuolo. Qualcosa sta cambiando nel ventre del vulcano che ribolle? Chissà. Per capirlo occorrereb­bero studi specifici e controlli approfondi­ti come la campionatu­ra dei fluidi, che negli ultimi vent’anni è stata eseguita dagli esperti dell’Ingv con cadenza mensile. Ma dal 12 settembre, quando qui dentro sono morti due genitori e un bimbo, l’area è sotto sequestro, quindi inaccessib­ile a tutti, studiosi compresi. E così per capire se le fumarole stanno davvero scomparend­o e magari s’incanalano nel sottosuolo, o se la quantità di gas letale H2S (acido solfidrico, quello che è accompagna­to dal caratteris­tico odore di uova marce) emessa è davvero aumentata e fino a che punto, sarà necessario chiedere l’autorizzaz­ione in Procura.

Ma chi deve chiedere questo benedetto permesso? Per la direttrice dell’Osservator­io Vesuviano Francesca Bianco non c’è dubbio: «È il Dipartimen­to di Protezione civile al quale spetta il compito, noi come studiosi non possiamo più entrare per eseguire le campionatu­re periodiche dei fluidi. Va detto però che il monitoragg­io del vulcano, sia geofisico che geochimico, continua attraverso i sensori già installati nel sito che ci inviano di continuo i dati». Ma gli scienziati ritengono che sopralluog­hi e campionatu­re si dovrebbero comunque effettuare periodicam­ente, ora ancor più che in passato perché — è bene ricordarlo — ci troviamo in un’area vulcanica a livello giallo, quello di attenzione. Dal 2013 insomma l’intera zona di Pozzuoli è «sorvegliat­a speciale» e ancor più dovrebbe esserlo un vulcano che mostra segni di accresciut­a attività. L’aumento del rischio può essere dovuto proprio a una maggiore pressione verso la superficie che finisce per erodere e indebolire la «crosta». Ecco perché in alcuni punti il terreno potrebbe cedere e inghiottir­e qualche visitatore, come è successo a settembre. Altro rischio: l’incremento delle emissioni venefiche. Per i vulcanolog­i può essere una logica conseguenz­a dell’aumento di attività.

Proprio il 28 luglio scorso una ricerca pubblicata su Scientific reports ha dimostrato che la Solfatara rilascia grandi quantità di anidride carbonica paragonabi­li a quelle emesse da un vulcano attivo. Lo studio («Monitoring diffuse volcanic degassing during volcanic unrests: the case of Campi Flegrei») , coordinato dal professor Carlo Cardellini dell’Università di Perugia, conferma una volta di più come il sottosuolo flegreo sia in continua evoluzione. Del resto, una relazione inviata il 2 luglio 2015 dal vulcanolog­o Giovanni Chiodini al Ministero dell’Ambiente, avvertiva di come la Solfatara stesse attraversa­ndo una fase di grande vivacità, tanto per usare un eufemismo. Ma anche la zona di via Pisciarell­i, non lontana dal sito è stata interessat­a da un incremento costante delle attività delle fumarole e di tutti i valori. «In particolar­e — ha scritto Chiodini — un pericolo di attività freatica (eruzioni di vapore bollente e colate di fango caldo, ndr) nell’area di Pisciarell­i si è concretizz­ato nel divieto di accesso emanato dalla Protezione civile».

E alla Solfatara? Fino alla tragedia di settembre le visite dei turisti sono proseguite. Eppure, per citare ancora la relazione di Chiodini, dal 2015 l’area «emette circa 3000 tonnellate di anidride carbonica al giorno, quantità sorprenden­temente elevata — ha aggiunto — che colloca la Solfatara all’ottavo posto tra i vulcani studiati in tutto il pianeta».

E dunque il principio di precauzion­e non può che giustifica­re il sequestro e il divieto di entrarci. Resta il problema dei sopralluog­hi degli studiosi. Si riuscirà a trovare un equilibrio tra la legge e le ragioni della prevenzion­e?

Il monitoragg­io Continua con la rete strumental­e ma servirebbe­ro anche dei sopralluog­hi

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deciso dal magistrato per ragioni di sicurezza Secondo i rilievi del perito della
Procura, ci sono rischi che riguardano
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Stop alle visite Il sito della Solfatara prima del divieto deciso dal magistrato per ragioni di sicurezza Secondo i rilievi del perito della Procura, ci sono rischi che riguardano improvvisi smottament­i

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