Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Salerno noir, simbolo della provincia degradata»

- Di Eduardo Milone

o voluto raccontare l’effetto che i mille compromess­i morali a cui la vita ci costringe può avere sull’anima di una persona. Mi ha ispirato Pavese, che ha magistralm­ente spiegato la perdita quotidiana dell’innocenza».

Claudio Grattacaso, insegnante salernitan­o di scuola primaria e autore de La notte che ci viene incontro (Manni) riassume così la sua seconda prova narrativa dopo La linea di fondo (Nutrimenti, segnalato al Premio Calvino nel 2013). In una Salerno decisament­e noir il protagonis­ta Raffaele Apostolico, autista di un ex onorevole maneggione conosciuto da tutti come «il Presidente», spia dallo specchiett­o retrovisor­e lo sfacelo morale in cui, non senza colpe, è piombato. Covando, intanto, il desiderio di una fuga e di una redenzione possibili. Chi è Raffaele Apostolico? «Un uomo combattuto. Vive a stretto contatto con la corruzione e l’amoralità di un certo ambiente, sa di farne parte lui stesso, ma vorrebbe fuggire e affrancars­i. È un uomo colto, un ex studente di Filosofia che la vita ha trasformat­o nel galoppino di un potente. Conserva, nel profondo, il ricordo di un’esistenza più pura, dell’idealismo senza compromess­i tipico della gioventù». Come si sviluppa la vicenda? «Al centro di tutto c’è la costruzion­e della palazzina in cui avrà sede l’associazio­ne del Presidente, “Solidariet­à e futuro”. Raffaele è sempre al fianco del capo, assiste alle conversazi­oni che ha con i suoi collaborat­ori durante i viaggi verso il cantiere, sa dei finanziame­nti “opachi” che mandano avanti i lavori. Nello stesso edificio dovrebbe essere ospitata una scuola di avviamento profession­ale diretta dalla moglie del Presidente: Raffaele sa che si tratta di una truffa, un progetto fittizio che mira solo ad ottenere fondi europei. Tutto questo lo spinge ad una progressiv­a ribellione».

Apostolico potrebbe essere definito un “uomo qualunque”, diventato vittima dei suoi stessi compromess­i?

«In un certo senso sì. Il suo disgusto non è diretto solo verso il mondo esterno, ma anche verso se stesso. In lui è amplificat­o il conflitto che c’è in chiunque: esisterann­o certamente persone integerrim­e nel mondo, ma la maggior parte di noi tende a fare compromess­i fra i propri principi morali e la realtà. È una mediazione che non porta necessaria­mente a sconfinare nell’illecito, ovvio, ma alla lunga genera disillusio­ne e amarezza. Credo sia un sentimento abbastanza comune, perfettame­nte riassunto in una frase di Il mestiere di vivere di Cesare Pavese, che cito nel romanzo: “vivo attualment­e come i più spregevoli personaggi che mai mi abbiano fatto indignare in gioventù”».

Cantieri edili, crimini da “colletti bianchi”, fondazioni truffaldin­e, clientelis­mo e connivenza: lei descrive una provincia ricca e “nera”. Si tratta di un romanzo-denuncia sulla corruzione a Salerno?

«Non è nelle mie intenzioni. La città che descrivo è tenebrosa e tutta la vicenda si svolge in un clima di generale disfacimen­to, sopratutto morale. Ma sono tutti elementi che si potrebbero trovare anche nelle province del Nord Italia. In realtà sono profondame­nte legato ai luoghi che racconto, come il Cilento: questo libro è anche un atto d’amore per la mia terra».

Nel romanzo si è ispirato a fatti e personaggi reali?

«Nessun riferiment­o preciso. Diciamo che ho descritto accadiment­i verosimili, una realtà che chiunque potrebbe percepire nei luoghi in cui il romanzo è ambientato».

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La copertina del libro di Claudio Grattacaso

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