Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Salerno noir, simbolo della provincia degradata»
o voluto raccontare l’effetto che i mille compromessi morali a cui la vita ci costringe può avere sull’anima di una persona. Mi ha ispirato Pavese, che ha magistralmente spiegato la perdita quotidiana dell’innocenza».
Claudio Grattacaso, insegnante salernitano di scuola primaria e autore de La notte che ci viene incontro (Manni) riassume così la sua seconda prova narrativa dopo La linea di fondo (Nutrimenti, segnalato al Premio Calvino nel 2013). In una Salerno decisamente noir il protagonista Raffaele Apostolico, autista di un ex onorevole maneggione conosciuto da tutti come «il Presidente», spia dallo specchietto retrovisore lo sfacelo morale in cui, non senza colpe, è piombato. Covando, intanto, il desiderio di una fuga e di una redenzione possibili. Chi è Raffaele Apostolico? «Un uomo combattuto. Vive a stretto contatto con la corruzione e l’amoralità di un certo ambiente, sa di farne parte lui stesso, ma vorrebbe fuggire e affrancarsi. È un uomo colto, un ex studente di Filosofia che la vita ha trasformato nel galoppino di un potente. Conserva, nel profondo, il ricordo di un’esistenza più pura, dell’idealismo senza compromessi tipico della gioventù». Come si sviluppa la vicenda? «Al centro di tutto c’è la costruzione della palazzina in cui avrà sede l’associazione del Presidente, “Solidarietà e futuro”. Raffaele è sempre al fianco del capo, assiste alle conversazioni che ha con i suoi collaboratori durante i viaggi verso il cantiere, sa dei finanziamenti “opachi” che mandano avanti i lavori. Nello stesso edificio dovrebbe essere ospitata una scuola di avviamento professionale diretta dalla moglie del Presidente: Raffaele sa che si tratta di una truffa, un progetto fittizio che mira solo ad ottenere fondi europei. Tutto questo lo spinge ad una progressiva ribellione».
Apostolico potrebbe essere definito un “uomo qualunque”, diventato vittima dei suoi stessi compromessi?
«In un certo senso sì. Il suo disgusto non è diretto solo verso il mondo esterno, ma anche verso se stesso. In lui è amplificato il conflitto che c’è in chiunque: esisteranno certamente persone integerrime nel mondo, ma la maggior parte di noi tende a fare compromessi fra i propri principi morali e la realtà. È una mediazione che non porta necessariamente a sconfinare nell’illecito, ovvio, ma alla lunga genera disillusione e amarezza. Credo sia un sentimento abbastanza comune, perfettamente riassunto in una frase di Il mestiere di vivere di Cesare Pavese, che cito nel romanzo: “vivo attualmente come i più spregevoli personaggi che mai mi abbiano fatto indignare in gioventù”».
Cantieri edili, crimini da “colletti bianchi”, fondazioni truffaldine, clientelismo e connivenza: lei descrive una provincia ricca e “nera”. Si tratta di un romanzo-denuncia sulla corruzione a Salerno?
«Non è nelle mie intenzioni. La città che descrivo è tenebrosa e tutta la vicenda si svolge in un clima di generale disfacimento, sopratutto morale. Ma sono tutti elementi che si potrebbero trovare anche nelle province del Nord Italia. In realtà sono profondamente legato ai luoghi che racconto, come il Cilento: questo libro è anche un atto d’amore per la mia terra».
Nel romanzo si è ispirato a fatti e personaggi reali?
«Nessun riferimento preciso. Diciamo che ho descritto accadimenti verosimili, una realtà che chiunque potrebbe percepire nei luoghi in cui il romanzo è ambientato».