Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Bottura: «Vi spiego il mio Refettorio Non è carità, solo inclusione sociale»

Lo chef modenese: non è carità, ma inclusione sociale

- di Alessandra Dal Monte

MILANO Un Refettorio anche a Napoli, dopo quelli di Milano, Londra e Rio de Janeiro. Un «luogo meraviglio­so», lo chiama Massimo Bottura, perché i grandi chef cucinerann­o per le persone bisognose all’interno di uno spazio non triste, non anonimo, ma bello. Il progetto dello chef modenese che due anni e mezzo fa, con il Refettorio Ambrosiano aperto per riutilizza­re il cibo avanzato di Expo, ha rivoluzion­ato il concetto di «mensa sociale», presto approderà in città, nel chiostro di Santa Caterina a Formiello. L’annuncio è arrivato dal palco di Cibo a Regola d’Arte, l’evento food del Corriere della Sera che si è appena concluso al Refettorio di San Domenico Maggiore. E lo chef tre stelle Michelin non vede l’ora di cominciare. Bottura, com’è nata l’idea? «Mi è venuta a casa mia, a Modena, e ho telefonato subito a Mimmo (Paladino, ndr), con cui avevamo già collaborat­o per il Refettorio di Milano. Gli ho detto: “Facciamo a Napoli una tavola sociale, come quelle di Modena e di Bologna che sono aperte una volta a settimana, ma stavolta per il pranzo della domenica”. In modo che nessuno debba rinunciare al pasto

della festa. Lui mi ha detto sì e ha pensato a uno spazio».

Come funzionerà?

«Come tutti i Refettori, servirà il cibo invenduto dei supermerca­ti, ma cucinato dai grandi chef. E sarà bello, ci sarà un’installazi­one di Mimmo, perché è una questione di dignità: di solito le mense per i poveri sono dei non luoghi, invece la bellezza è importante, soprattutt­o per chi già non ha una vita facile. Ma voglio fare una precisazio­ne».

Quale?

«Non sarà un progetto di carità, come tanta gente pensa. La beneficenz­a è solo una parte: i Refettori sono progetti culturali, in cui si fa inclusione sociale, in cui c’è un passaggio di conoscenze tra gli chef e i volontari, in cui le persone in difficoltà possono trovare una comunità. A Rio un signore ha detto che al Refettorio si è sentito trattato per la prima volta come un essere umano. Questo è l’importante».

Gli chef campani come l’hanno presa?

«Sono entusiasti. Ma anche per quanto riguarda la cucina vorrei fare una precisazio­ne: quello che viene servito in queste mense non è cibo di scarto, è sempliceme­nte cibo invenduto. Lo stesso che si trova nel frigo di tutti gli italiani, me compreso: un pomodoro o una banana maturi, il pane raffermo… Insomma, ingredient­i ordinari. Gli chef non fanno altro che metterli insieme con creatività, esattament­e come facevano le nostre nonne». Quando si parte? «Mimmo e io siamo pronti, anche i colleghi chef, ora è tutto in mano all’associazio­ne che potrebbe concretame­nte gestire gli spazi. E dopo Napoli abbiamo già l’idea di andare a Parigi, a Montréal, anche in un campo profughi di Salonicco, per regalare gelati ai bambini».

Quello che viene servito in queste mense non è cibo di scarto, è sempliceme­nte cibo invenduto. Lo stesso che si trova nel frigo di tutte le case degli italiani, anche nel mio

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In alto, lo chef Massimo Bottura a Cibo a Regola d’Arte A sinistra Mimmo Paladino
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