Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Fondazione Banconapoli, Abbamonte all’attacco «Troppi silenzi in città»
«Le erogazioni ridotte a 500mila euro. Eppure né Regione, né Comune intervengono»
C’è un silenzio assordante della politica su ciò che accade nella Fondazione Banco di Napoli, quasi come se fosse un problema tra alcuni consiglieri e la presidenza». Orazio Abbamonte, giurista e consigliere dell’ente di palazzo Ricca, accusa i responsabili di Comune e Regione di non avere a cuore le sorti «di una delle più antiche istituzioni della città». Dopo il tempestoso consiglio di venerdì scorso, i «dissidenti» pensano di chiedere l’arrivo di un commissario.
NAPOLI «Nel Consiglio della Fondazione Banco di Napoli ormai ci troviamo tutti a disagio, in una situazione di notevole difficoltà e tensione forte tra gli organi. Ho cominciato a dubitare della giustezza del mio operato e dell’impegno che vari consiglieri ed io stiamo mettendo nella fondazione».
Professor Orazio Abbamonte, lei che è stato tra i primi a denunciare presunte irregolarità ora appare scoraggiato. Come mai?
«Questa fondazione è l’istituzione con le radici più risalenti della città, è uno strumento di valorizzazione delle risorse potenziali che esistono nel Mezzogiorno. Fino a qualche anno fa erogava cifre non trascurabili che ora si sono gravemente assottigliate. Il Consiglio generale poi da quattro mesi si sta progressivamente impoverendo, ci sono state quattro dimissioni di consiglieri e un quinto congelato». In che misura calano le erogazioni? «Sono venuti fuori elementi importanti e preoccupanti, messi in evidenza dai consiglieri generali Paliotto e Di Baldassarre: tre anni fa nel 2015 noi avevamo risorse per 4 milioni e 200 mila euro da erogare, detratte le trattenute per legge. L’anno scorso, 2016, erano 2milioni e 100 mila, quest’anno 1.100 mila euro di risorse di cui 400 mila accantonamenti obbligatori. Se tutto andrà bene saremo ridotti a erogare 5/600 mila euro, mentre solo di costi di funzionamento, la Fondazione spende due milioni di euro e 370 mila di sole consulenze professionali. Una situazione a mio avviso gravissima, risultato dell’attuale gestione. Aggiungiamoci che abbiamo indagini sulla Fondazione della magistratura e del Ministero dell’Economia: una situazione da far cadere le braccia».
Che lei e altri state denunciando da mesi.
«Un gruppo di consiglieri tra cui io, definiti “dissidenti” e non capisco rispetto a quale osservanza, ci stiamo ponendo il problema se continuare a sedere in un Consiglio, dove cercano di farci fare tappezzeria. Siamo condannati, come ho detto, a guardarci l’ombelico perché non ci vengono mostrati atti del cda, non ci viene dato alcun documento. Eppure noto che non c’è stata la benché minima reazione da parte del mondo politico, Regione Comune o da parte di un pezzo della società civile. È un silenzio assordante e doloroso, e mi viene da chiedere nell’interesse di chi stiamo agendo. Ci sforziamo di fare l’interesse di un ente importante, per la Campania e il Sud. Come mai nessuno avverte l’esigenza di porsi il problema? Eppure si è dimesso un rappresentante del sindaco de Magistris mentre è stata respinta la nomina del rappresentante della Regione».
Lei ha definito autocratico l’atteggiamento del presidente Daniele Marrama.
«Il presidente insiste, dichiara che non abbiamo diritto a vedere gli atti del consiglio di amministrazione, mentre è in corso una ispezione del Ministero dell’Economia che durerà sei mesi. Ho ricordato al presidente che il Consiglio generale ha il potere di avviare l’azione di responsabilità nei confronti del cda e del Collegio sindacale; ha il potere di nomina e revoca degli stessi, approva il bilancio e detta linee generali della politica della Fondazione. Come si può sostenere che non possiamo vedere una carta, come eserciteremmo quelle funzioni senza poter accertare nulla in via diretta? È in questo che abbiamo denunciato: un atteggiamento poco trasparente. A questo punto esponenti delle istituzioni e della società civile avrebbero, credo, il dovere di intervenire, perché qui non c’è uno scontro personale tra noi consiglieri e Marrama, ma c’è un problema oggettivo e riguarda una istituzione rilevante per il Sud e per le fasce più deboli».
Un silenzio generalizzato, forse ci sono troppi interessi diffusi?
«Non posso dirlo, perché non dispongo di elementi per farlo. Noi non sappiamo nemmeno come vengono scelti i soggetti da aiutare con le erogazioni perché non abbiamo la possibilità di esaminare nulla. A che serve un organo di indirizzo che non può conoscere nulla, salvo quello che gli viene detto? L’unica certezza è che la Fondazione dimezza le proprie disponibilità, quest’anno l’ultima rata da pagare per l’acquisto di palazzo ricca è stata spalmata lungo i prossimi cinque anni».
State pensando di chiedere il commissariamento?
«È un’ipotesi, perché attualmente la nostra è una funzione che definirei coreografica, ornamentale. Nell’ultimo consiglio generale il presidente ha proclamato l’approvazione di una deliberazione che per statuto deve avere la maggioranza dei presenti: e questa maggioranza non c’era, ma è stata ritenuta, sostenendosi che gli astenuti si considerano assenti. A nostro giudizio non è così, perché l’astensione è una manifestazione di volontà che esprime il presente. In questo contesto giudico sorprendente che nessuna autorità politica trovi il benché minimo interesse per la situazione. Noi stiamo facendo il possibile, ma non è detto che la nostra azione otterrà i risultati sperati. Il consigliere Paliotto aveva anche richiesto da tempo una “fair value”, cioè una stima effettiva del patrimonio mobiliare, ma nulla. Con il Consiglio spaccato esattamente a metà non si è riusciti nemmeno ad istituire una commissione istruttoria per stabilire gli indirizzi per la gestione del patrimonio. Paradossale che un organo non si doti dei mezzi per esercitare pienamente i propri compiti».
Io e altri consiglieri stiamo pensando al commissariamento, così è inutile continuare