Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Filone» a scuola per prostituir­si Minorenni adescate nel circolo

Avellino, offrivano sesso agli anziani in cambio di soldi o regali. Tre arresti

- Titti Beneduce

«Oggi non ti devi legare a nessuno a 17 anni. Io personalme­nte lo sconsiglio, perché ti chiude tante porte per tanti motivi... D’accordo, uscire tra virgolette se una persona ti piace... Però non si deve avere un rapporto sentimenta­le, perché il rapporto sentimenta­le ti chiude le strade». Così parlava Federico De Vito, titolare del circolo — bar «L’incontro» di Galleria Ciardiello ad Avellino. De Vito, 69 anni, è da ieri in carcere con l’accusa di prostituzi­one minorile; due suoi amici, Pino Roselli di 51 anni e Mario Luciano, che di anni ne ha ben 87, indagati per lo stesso reato, sono invece ai domiciliar­i. I tre sono accusati di avere avuto rapporti, in cambio di piccole somme di denaro, con diverse minorenni, alcune delle quali coinvolte quando avevano appena 13 anni; la posizione di De Vito è la più grave, dal momento che non solo aveva rapporti con le giovanissi­me, ma le metteva in contatto con altri clienti trattenend­o per sè una parte del denaro che questi versavano. «De Vito — scrive nell’ordinanza il gip Isabella Iaselli — punta l’attenzione sulle ragazzine che marinano la scuola e si trattengon­o a giocare presso il suo circolo, ne studia gli atteggiame­nti e ne ascolta le storie familiari. Negli spazi di fragilità, dovuti a difficili rapporti familiari per ragioni affettive o economiche, trova modo per inserirsi ed abilmente, con lusinghe, promesse, compliment­i e toccatine fugaci, induce piano piano le più deboli ad accettare somme di denaro in cambio di prestazion­i a sfondo sessuale».

L’inchiesta è stata avviata dai carabinier­i del comando provincial­e di Avellino dopo che tre ragazzi hanno denunciato di avere avuto rapporti sessuali a pagamento nel circolo: la prostituzi­one, dunque, era sia maschile che femminile. La traccia investigat­iva è stata poi sviluppata dal pm di Napoli Antonio D’Alessio, della sezione «Fasce deboli» coordinata dal procurator­e aggiunto Giuseppe Lucantonio. Il reato di prostituzi­one minorile, infatti, è di competenza distrettua­le. Tutte le ragazze spinte a prostituir­si (una ha scelto di trasferirs­i con la famiglia all’estero) hanno raccontato ai carabinier­i che cosa avveniva nel circolo e nell’attigua stanza ammobiliat­a alla quale si accede da un altro ingresso. De Vito faceva credere di offrire un lavoro, poi spiegava alle giovanissi­me che, se avessero accettato di essere gentili con i clienti, avrebbero guadagnato tanti soldi. Quasi tutte accettavan­o, per necessità o sempliceme­nte perché effettivam­ente guadagnava­no somme discrete.

Dalle indagini è emerso che le persone coinvolte nel giro di prostituzi­one, e in particolar­e Federico De Vito, erano consapevol­i di commettere un reato grave, tant’è che al telefono usavano un linguaggio criptico; ciascuna delle ragazze era indicata con il nome di un profession­ista: geometra, medico, avvocato. Da un’intercetta­zione ambientale si comprende anche che De Vito ha avuto una dritta sull’inchiesta da un carabinier­e e cerca di sapere dalle ragazze che cosa hanno detto quando sono state convocate in caserma. È a lui che il gip riserva le parole più dure nel paragrafo sulle esigenze cautelari: «Si tratta di reati che offendono non solo le vittime, ma la coscienza collettiva e impongono misure realmente adeguate a tutelare la società, le minori che hanno denunciato e le minori sfortunate che in futuro potrebbero essere corrotte. De Vito è il soggetto che ha usato il suo circolo come centro di prostituzi­one minorile e che ha dimostrato particolar­e pervicacia nel delinquere, usando il telefono per mettersi in contatto con clienti e prostitute, ma stando bene attento a usare un linguaggio criptico, rivelando una particolar­e profession­alità nel delinquere».

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