Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Da Scampia il Mammut si rimette in moto
Il Mammut di Scampia si rimette in moto con il suo colorato «Mammutbus», che porta in giro nelle periferie di Napoli (ma non solo) la causa della pedagogia attiva, e con il giornale «Il Barrito dei Piccoli», realizzato direttamente con i bambini.
Il centro di Scampia propone un modo sperimentale e innovativo di considerare la scuola come luogo di formazione globale e non competitiva e cerca di coinvolgere associazioni e scuole nel proprio percorso. Ma attraverso la didattica e la formazione si propone di incidere anche sul tessuto sociale e urbano. «Nel nuovo anno», spiegano al centro diretto da Giovanni Zoppoli, «vorremmo riuscire a radicare in maniera più profonda e stabile le sperimentazioni avviate negli ultimi due anni, rinforzando la cooperazione e aprendo filoni nuovi di ricerca, anche in gruppi e luoghi ulteriori, soprattutto se distanti e differenti».
Il tema lanciato quest’anno è la «separazione», intorno al quale saranno organizzati laboratori, formazioni esperienziali, attività aperte al pubblico. Negli scorsi anni sono partite le collaborazioni con l’Accademia di Belle Arti e la Scuola italiana di Comix. Ma il Mammut non si ferma qui. «Da sempre più parti ci arrivano richieste di formazione. Abbiamo perciò pensato di chiedere a i gruppi e ai singoli che volessero formarsi con noi, di inviarci entro il mese di dicembre delle proposte in merito».
Ma cosa fa, in pratica, chi partecipa alla vita del Mammut? Innanzitutto lavora a stretto contatto con i bambini. Già nei giorni scorsi gli educatori hanno avviato le attività nelle scuole. «Abbiamo chiesto a ciascun alunno di ricordare un episodio in cui qualcuno gli stava troppo “addosso”, al punto di impedirgli di fare quello che voleva. Ne sono usciti racconti molto belli. A volte è stato colto al volo l’invito a riflettere su quanto possa essere doloroso, ma anche utile e necessario, separarsi da qualcuno a cui si stava troppo attaccati. Altri bambini invece, con grande fermezza, hanno risposto con un secco no. Come M. che racconta che lui è molto attaccato alla sua nonna, che è l’unica della famiglia che gli è rimasta, che gli ha proprio salvato la vita… e che stare attaccato a lei gli piace molto. A uscire spesso sono storie molto belle, piene dell’attaccamento “sano”. Grande importanza ha invece l’invito a riflettere sulla necessità di separarsi per fare cose altrimenti impossibili. F., ad esempio, dice che lui un giorno non voleva proprio uscire di casa, lasciare la cameretta con i suoi giochi, ma i suoi genitori lo convinsero, facendolo piangere, ad andare alla festa del suo amico Gennaro. Alla fine quella fu una delle feste più belle della sua vita e lui sarà sempre grato ai suoi genitori per questa forzatura».