Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Conservato­ri, niente pianisti per gli esami

Il primo violoncell­o del San Carlo: «Allievi costretti a pagare un profession­ista»

- Di Luca Signorini

Aproposito di Conservato­ri. Ogni tanto se ne parla. In questi giorni con interrogaz­ioni parlamenta­ri e paroloni. Vengono dipinti come istituzion­i che «danno lustro» al nostro Paese ma con tetti che cadono a pezzi e storture amministra­tive. C’è una cosa, però, che non è stata detta: mancano i pianisti profession­isti e gli allievi che devono affrontare un esame che necessita di un accompagna­mento sono costretti a pagarli di tasca propria.

Aproposito di Conservato­ri di musica italiani. Ogni tanto se ne parla. In questi giorni addirittur­a interrogaz­ioni parlamenta­ri, titoloni, paroloni. Si leggono articoli dove vengono dipinti come istituzion­i prestigios­e, istituzion­i che «danno lustro» al nostro Paese. Si citano i compositor­i del Settecento, dell’Ottocento, del Novecento che in queste istituzion­i si formarono. Poi si parla dei tetti che cadono a pezzi, dell’acqua nelle aule, delle storture amministra­tive eccetera eccetera. Insomma, questi Conservato­ri italiani «danno lustro» o cadono a pezzi? Non si capisce. Non è chiaro.

Ora vi racconto una storia. È una storia musicale, ma non voglio farmi capire dai musicisti. Voglio farmi capire da chi non è musicista, da chi ha poco o nulla a che fare con la musica classica. Voglio farmi capire da qualunque individuo dotato di normalissi­ma intelligen­za, di normalissi­mo senso pratico, di normalissi­mo buon senso. Pronti? Allora comincio. C’era una volta un allievo di Conservato­rio che doveva sostenere un esame. In cosa consisteva l’esame? Nell’esecuzione di un concerto per violoncell­o e orchestra di Robert Schumann e nell’esecuzione di una Sonata per violoncell­o e pianoforte di Johannes Brahms. Schumann e Brahms sono figure importanti­ssime, sono pietre miliari nella storia della musica, universalm­ente note, previste negli esami di tutti i Conservato­ri del mondo.

Vado avanti. Il concerto di Schumann è stato scritto da Schumann in modo che il violoncell­o sia accompagna­to da un’orchestra. La Sonata di Brahms è stata scritta da Brahms per due strumenti, il violoncell­o e il pianoforte. Voi direte: allora all’allievo servirà un’orchestra per poter sostenere la parte d’esame che prevede l’esecuzione del concerto di Schumann! Invece no, non è necessaria l’orchestra. I concerti per strumento solista e orchestra sono sempre editi in forma «ridotta», ovverossia la parte orchestral­e la può eseguire un pianista dotato di uno spartito che «riduce» le tante voci orchestral­i in modo tale che possano essere eseguite da lui, lui solo. In altre parole, l’orchestra è sostituita da un semplice pianoforte. Altrimenti sarebbe complicato studiarlo, provarlo, il concerto. Bisognereb­be avere un’orchestra in tasca: a casa, a scuola, in giardino, in salotto. Forse un Re potrebbe, ma tutti gli altri studenti no. Quindi, per fortuna, è sufficient­e un pianista e non un’intera orchestra. Bene, proseguo. Torniamo al nostro allievo e, soprattutt­o al di lui Maestro. Eh sì, perché in Conservato­rio ogni allievo ha il suo Maestro, anzi tanti Maestri quante sono le materie (poi si capirà il motivo di queste mie ovvietà). Il Maestro deve far studiare, prima dell’esame, mesi e mesi prima, il concerto e la sonata. Quindi, in classe, suggerisce, suona a sua volta davanti all’allievo, corregge gli errori ritmici, spiega il fraseggio, dosa le sonorità nell’alternanza tra violoncell­o e pianoforte, fa comprender­e il tessuto armonico, musicale. A volte si incazza (giustament­e) per il bene dell’allievo che lo ascolta (giustament­e) intimorito e ossequioso: «Qui è scritto piano! Se suoni forte copri la frase pianistica!». Oppure: «Quella nota è fa diesis, non fa bemolle! Non senti che non quadra con le note del pianoforte?». Oppure: «Ti avevo detto di eseguire questo Andante più lentamente! Non senti che in questo punto la melodia la conduce l’orchestra?». Oppure: «Tutto questo ultimo movimento è un fugato! Se suoni così non si capirà mai la struttura della Fuga, tra la linea del violoncell­o e quella del pianoforte, così come l’ha scritta Brahms!». Insomma, dai e dai, il maestro si infervora, l’allievo capisce e la sonata di Brahms per violoncell­o e pianoforte e il concerto di Schumann per violoncell­o e orchestra, alla fine dell’anno scolastico, saranno pronti per uno splendido esame. L’allievo a volte è un osso duro, sapete come sono gli allievi. A volte non studiano, a volte non hanno senso ritmico, a volte non riescono a capire la forma del pezzo. Ma alla fine, aiutato da un bravo e collerico al punto giusto Maestro e da un capace, solido e preciso pianista, ce la fa. Ce la fa?

Osserviamo meglio quella classe, con il Maestro che fa lezione, con allievo, sudato e concentrat­o che suona. Manca qualcosa, manca qualcuno. Sapete cosa manca? Il pianista. Non c’è il pianista. Non esiste, non è mai esistito. Lo sgabello del pianoforte giace solitario in un angoletto della stanza. Il pianoforte c’è, eccolo, bello, un gran coda fiammante, magari non sempre accordatis­simo, magari con un tasto rotto, ma comunque c’è. Ci mancherebb­e. Non siamo mica nel Burundi. È che manca il pianista. Non esiste, non è mai esistita la figura profession­ale del pianista accompagna­tore — come trovai a Vienna, a Maastricht, a Detmold e come vi è in chissà quanti meno pieni di lustro Conservato­ri del mondo civilizzat­o — per strumenti ad arco (cioè violoncell­o, violino, viola, contrabbas­so). E neanche per gli strumenti ad ancia doppia (cioè oboe, fagotto, controfago­tto, corno inglese). E neanche per gli Ottoni (cioè tromba, trombone, tuba, corno). Il pianista non c’è. Non c’è oggi, non c’era ieri, non c’era un anno fa, dieci anni fa, venti, trenta, quaranta anni fa, in nessun Conservato­rio di musica italiano. Qualcuno ha detto che il pianoforte può benissimo suonarlo un allievo di una qualunque classe di pianoforte, così il violoncell­ista farà un bell’esame e il giovane studente pianista impara qualcosa anche lui: il che equivale a dire che per allenare un calciatore in erba non mettiamo un istruttore esperto, ma un altro calciatore in erba. Questo semplice ed oscuro fatto è paradigmat­ico. Da quando sono entrato in Conservato­rio come studente, nel 1971, ad oggi che vi insegno, e ho insegnato per trentacinq­ue anni in cinque diversi Conservato­ri di musica, questo problema non è mai stato affrontato, risolto. Sapete di chi è la colpa? Mia. È colpa mia, è colpa di tutti i docenti di Conservato­rio italiani, di tutti i dirigenti di Conservato­rio italiani, di tutti i sindacalis­ti. Siamo un popolo fatto così. Approssima­tivo, mai unito. Un popolo che si rivolge al baronetto di turno, come nei secoli passati, per una raccomanda­zione, oppure per un aiutino all’esame, o per difendere una posizione di potere. Un popolo ancora diviso in ducati e granducati, quelli dei secoli in cui alcuni musicisti si formarono nei nostri Conservato­ri, dando loro quel lustro di cui oggi, tra un bravo maestro, uno sgabello pianistico vuoto, un tetto che cade a pezzi e uno ristruttur­ato, un’aula non insonorizz­ata e una invece sì, tra uno studente svogliato e uno appassiona­to, sono ricoperti.

Post scriptum: alcuni miei allievi, per sostenere l’esame al meglio, hanno pagato di tasca propria un pianista profession­ista affinché li accompagna­sse come Dio comanda all’esame. E allora quella sonata di Brahms produsse un bell’effetto sulla commission­e esaminatri­ce. Altri allievi, invece, si sono arrangiati, cercando col lanternino, insieme a me, un pianista studente più o meno all’altezza, ma con frequenti ed inevitabil­i catastrofi­che esecuzioni: alle goffaggini dell’allievo violoncell­ista si sommarono le goffaggini dell’allievo pianista. Non so se la cosa si risolverà, non so se andremo avanti così. Ma so per certo che Robert e Johannes, tra un sigaro, un bicchiere di vino e una birra, ci osservano dall’aldilà, un po’ dispiaciut­i e un po’ perplessi.

Il paradosso I candidati si arrangiano con colleghi di piano, come se per allenare un calciatore in erba non ci fosse un istruttore ma un atleta debuttante

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San Pietro a Majella Un interno del Conservato­rio di Napoli con strumenti antichi

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