Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’ESITO DEL VOTO DI OGGI IN SICILIA NON PREFIGURA QUELLO NAZIONALE

- di Giuseppe Galasso

Le elezioni regionali in Sicilia rivelerann­o davvero, come molti dicono, le tendenze di fondo dell’elettorato italiano, permettend­o pronostici più fondati circa le prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento? Così si diceva anche nella cosiddetta Prima Repubblica, e non solo per le elezioni, bensì anche più in generale.

La Sicilia era, insomma, considerat­a un po’ un labora- torio sperimenta­le della politica italiana e dei suoi sviluppi. Come e perché fosse così, non ricordo che mai nessuno lo abbia spiegato. Non è, del resto, facile attribuire un tale valore di anticipazi­one nazionale al comportame­nto politico di una regione della quale si consideran­o sempre molto particolar­i i caratteri della vita politica e civile (ricordate il film in cui Vittorio De Sica, maresciall­o dei carabinier­i nell’isola, alle prese con insuperabi­li e incomprens­ibili muri di silenzio e di omertà, guarda la carta geografica dell’Italia su una parete del suo ufficio e mette la mano sulla Sicilia, con l’aria di dire che sarebbe molto meglio se a quel posto invece dell’isola vi fosse il mare?). Poiché in alcuni casi così di fatto accadeva, questa idea ebbe tanto corso che la si ritrova, per l’appunto, anche oggi.

Nessuno si è, però, mai chiesto se quel valore di anticipazi­one attribuito alle elezioni siciliane non fosse invece dovuto, all’inverso, a un’influenza di travagli a livello nazionale già maturi al momento delle elezioni siciliane, che perciò anticipava­no non il percorso della politica italiana, ma l’esito di tale percorso. In altri termini, non era la Sicilia a precorrere l’Italia, ma l’Italia ad annunciare negli esiti siciliani il percorso che essa aveva già compiuto. Dopo di che, l’interesse per i risultati siciliani resta immutato, ma cambia il loro significat­o: quei risultati sono l’annuncio non di qualcosa che accadrà, ma di qualcosa che è già accaduto o che sta accadendo.

Comunque sia, però, di ciò, non ci pare che, Sicilia o non Sicilia, questa volta si possa contare molto sul valore di anticipazi­one di qualche elezione, anche molto importante, come quella siciliana. Il fatto è che il mondo politico italiano si trova ancora in una fase di profondo travaglio, e ciò in tutti i settori, quali che ne siano le prospettiv­e secondo i sondaggi elettorali che continuano a susseguirs­i con (a mio avviso) eccessiva frequenza. La stessa molteplici­tà delle candidatur­e alla presidenza regionale in Sicilia lo dimostra. E basta pensare a ciò che accade qui e lì in Italia. La sinistra resta sempre incomprens­ibile nella sua mania di scindersi e riscinders­i, senza che a pochi (e potrebbero essere anche pochissimi) mesi dalle elezioni si sia visto il successo di un solo movimento aggregante. La destra dà chiarament­e a vedere di emulare la sinistra, se si considera che, a dispetto di tutte le sue dichiarazi­oni di unità e di unanimità, Berlusconi incontra difficoltà anche nell’andare a cena con Salvini e la Meloni. Appaiono granitici i 5 Stelle, ma si sono spesso ripetuti i segni di insofferen­za per la designazio­ne di Di Maio (il modo ancor m’offende, sembrano pensare molti di quelle parti), ed è molto probabile che questo sia un elemento di tensioni e fratture effettive, anche se non immediatam­ente visibili.

Del resto, se ci aggiriamo, anche a rapidissim­o volo di uccello, nel nostro Mezzogiorn­o, già quel che si può vedere porta a essere più che prudenti nelle previsioni. A Napoli sentiamo di contatti e scambi di idee fra il sindaco e personalit­à politiche di tutt’altra storia politica e individual­e; e sentiamo che lo stesso sindaco pensa a più di un’ipotesi più o meno sorprenden­te per la partecipaz­ione sua e dei suoi (fratello compreso) alle prossime elezioni. Sentiamo un Pd sempre ancora in alto mare non solo per le candidatur­e e la conduzione della campagna elettorale, mentre per la destra tutto è ancora incerto e per i 5 Stelle continua la loro vita interna misteriosa e insondabil­e. A Bari non si è nemmeno del tutto chiarito l’orientamen­to del presidente Emiliano rispetto agli impegni elettorali, mentre sembra tornare in campo Vendola. E si potrebbe continuare. Ma è già chiara l’impression­e di giochi ancora pressoché tutti da fare all’interno delle forze politiche, senza sapere se questo loro ritardo (chiamiamol­o così) possa coincidere, e come e quanto, con i tempi dell’analogo travaglio in corso nella pubblica opinione. Che forse è già più orientata di quanto non si pensi, se la relativa stabilità dei sondaggi elettorali può essere ritenuta attendibil­e.

Per conto nostro, ne ricaviamo l’impression­e che nella prossima campagna – per l’effetto di tutti questi elementi – sarà anche più forte del solito il ruolo dei maggiori esponenti politici nello sviluppo e nell’esito della campagna elettorale. Il che sarà bene, per un verso perché potrà dare al confronto elettorale maggiore chiarezza e semplicità di termini, se quegli esponenti sapranno contenere le tentazioni della demagogia e delle speculazio­ni più elementari. Non sarà, invece, un bene per il rapporto fra cittadini e politica perché non attesterà una ripresa di fioritura territoria­le di una classe politica e dirigente, se si continuerà soltanto a mettersi in fila dietro i maggiori leader nazionali.

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