Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’ESITO DEL VOTO DI OGGI IN SICILIA NON PREFIGURA QUELLO NAZIONALE
Le elezioni regionali in Sicilia riveleranno davvero, come molti dicono, le tendenze di fondo dell’elettorato italiano, permettendo pronostici più fondati circa le prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento? Così si diceva anche nella cosiddetta Prima Repubblica, e non solo per le elezioni, bensì anche più in generale.
La Sicilia era, insomma, considerata un po’ un labora- torio sperimentale della politica italiana e dei suoi sviluppi. Come e perché fosse così, non ricordo che mai nessuno lo abbia spiegato. Non è, del resto, facile attribuire un tale valore di anticipazione nazionale al comportamento politico di una regione della quale si considerano sempre molto particolari i caratteri della vita politica e civile (ricordate il film in cui Vittorio De Sica, maresciallo dei carabinieri nell’isola, alle prese con insuperabili e incomprensibili muri di silenzio e di omertà, guarda la carta geografica dell’Italia su una parete del suo ufficio e mette la mano sulla Sicilia, con l’aria di dire che sarebbe molto meglio se a quel posto invece dell’isola vi fosse il mare?). Poiché in alcuni casi così di fatto accadeva, questa idea ebbe tanto corso che la si ritrova, per l’appunto, anche oggi.
Nessuno si è, però, mai chiesto se quel valore di anticipazione attribuito alle elezioni siciliane non fosse invece dovuto, all’inverso, a un’influenza di travagli a livello nazionale già maturi al momento delle elezioni siciliane, che perciò anticipavano non il percorso della politica italiana, ma l’esito di tale percorso. In altri termini, non era la Sicilia a precorrere l’Italia, ma l’Italia ad annunciare negli esiti siciliani il percorso che essa aveva già compiuto. Dopo di che, l’interesse per i risultati siciliani resta immutato, ma cambia il loro significato: quei risultati sono l’annuncio non di qualcosa che accadrà, ma di qualcosa che è già accaduto o che sta accadendo.
Comunque sia, però, di ciò, non ci pare che, Sicilia o non Sicilia, questa volta si possa contare molto sul valore di anticipazione di qualche elezione, anche molto importante, come quella siciliana. Il fatto è che il mondo politico italiano si trova ancora in una fase di profondo travaglio, e ciò in tutti i settori, quali che ne siano le prospettive secondo i sondaggi elettorali che continuano a susseguirsi con (a mio avviso) eccessiva frequenza. La stessa molteplicità delle candidature alla presidenza regionale in Sicilia lo dimostra. E basta pensare a ciò che accade qui e lì in Italia. La sinistra resta sempre incomprensibile nella sua mania di scindersi e riscindersi, senza che a pochi (e potrebbero essere anche pochissimi) mesi dalle elezioni si sia visto il successo di un solo movimento aggregante. La destra dà chiaramente a vedere di emulare la sinistra, se si considera che, a dispetto di tutte le sue dichiarazioni di unità e di unanimità, Berlusconi incontra difficoltà anche nell’andare a cena con Salvini e la Meloni. Appaiono granitici i 5 Stelle, ma si sono spesso ripetuti i segni di insofferenza per la designazione di Di Maio (il modo ancor m’offende, sembrano pensare molti di quelle parti), ed è molto probabile che questo sia un elemento di tensioni e fratture effettive, anche se non immediatamente visibili.
Del resto, se ci aggiriamo, anche a rapidissimo volo di uccello, nel nostro Mezzogiorno, già quel che si può vedere porta a essere più che prudenti nelle previsioni. A Napoli sentiamo di contatti e scambi di idee fra il sindaco e personalità politiche di tutt’altra storia politica e individuale; e sentiamo che lo stesso sindaco pensa a più di un’ipotesi più o meno sorprendente per la partecipazione sua e dei suoi (fratello compreso) alle prossime elezioni. Sentiamo un Pd sempre ancora in alto mare non solo per le candidature e la conduzione della campagna elettorale, mentre per la destra tutto è ancora incerto e per i 5 Stelle continua la loro vita interna misteriosa e insondabile. A Bari non si è nemmeno del tutto chiarito l’orientamento del presidente Emiliano rispetto agli impegni elettorali, mentre sembra tornare in campo Vendola. E si potrebbe continuare. Ma è già chiara l’impressione di giochi ancora pressoché tutti da fare all’interno delle forze politiche, senza sapere se questo loro ritardo (chiamiamolo così) possa coincidere, e come e quanto, con i tempi dell’analogo travaglio in corso nella pubblica opinione. Che forse è già più orientata di quanto non si pensi, se la relativa stabilità dei sondaggi elettorali può essere ritenuta attendibile.
Per conto nostro, ne ricaviamo l’impressione che nella prossima campagna – per l’effetto di tutti questi elementi – sarà anche più forte del solito il ruolo dei maggiori esponenti politici nello sviluppo e nell’esito della campagna elettorale. Il che sarà bene, per un verso perché potrà dare al confronto elettorale maggiore chiarezza e semplicità di termini, se quegli esponenti sapranno contenere le tentazioni della demagogia e delle speculazioni più elementari. Non sarà, invece, un bene per il rapporto fra cittadini e politica perché non attesterà una ripresa di fioritura territoriale di una classe politica e dirigente, se si continuerà soltanto a mettersi in fila dietro i maggiori leader nazionali.