Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Dal muretto ai bar Così la movida si è trasformata
Cambia lo stile di vita e il modo di divertirsi a Napoli: Negli anni ‘70 dettavano legge le panchine di pietra, poi si è passati agli ambienti fumosi e impegnati Oggi l’animazione è frammentata in mille locali trendy
Un po’ di aria fresca la respiravi solo nella casasoffitta di qualche fortunato che poteva permettersi di pagare un fitto a nero in qualche rudere di San Biagio dei Librai tenuto in piedi dai tubi innocenti. In questi ritrovi privati ci si recava senza la necessità di avvertire il padrone di casa. A tutte le ore trovavi qualcosa da sgranocchiare o un analcolico da mandar giù ascoltando l’ultimo album di Lucio Dalla.
Innocenti passatempi all’insegna di una sobrietà che non poteva durare.
Fu nei primi anni Ottanta che una moda apparentemente acqua e sapone, quella dei cosiddetti paninari, scardinò l’austerity dei jeans a zampa d’elefante. Il piumino colorato e la scarpa “griffata” si rivelarono ben presto una trappola del consumismo rampante, identificabile anche nella transumanza serale dei giovani napoletani diretti verso due pascoli distinti.
C’erano quelli di buona (e ricca) famiglia, che partivano da piazza Amedeo e si disperdevano verso i locali della zona per provare il migliore Apple Spritzer del momento, e c’erano i meno abbienti che masticavano con piacere ribelle gli ultimi versi di “Je so’ pazzo” di Pino Daniele sorseggiando una sangria nelle bettole dei Tribunali e dell’area universitaria.
Una separazione che negli anni Novanta ha
Tempi moderni Oggi i baretti erompono fino all’alba profumi e suoni che provocano le vibrate proteste dei residenti di Chiaia e del centro storico