Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il dilemma di Fico: (ri)provare a Napoli o restare a Roma
Se il presidente della Vigilanza Rai si ricandiderà in Parlamento non potrà correre (di nuovo) per Palazzo San Giacomo
Come Ercole al bivio, Roberto Fico prima o poi dovrà scegliere tra Roma e Napoli. Perché il non statuto del Movimento 5 Stelle non prevede doppie candidature né doppi mandati. E per poter (ri)partecipare alla corsa per Palazzo San Giacomo dovrebbe stare in panchina fino al 2021.
NAPOLI
Come Ercole al bivio, Roberto Fico prima o poi dovrà scegliere tra Roma e Napoli. Perché il non statuto del Movimento 5 Stelle non prevede doppie candidature né doppi mandati. Pur considerando il «mestiere» di sindaco «il più bello al mondo» (identica definizione di Bassolino), per poter partecipare alla corsa verso Palazzo San Giacomo, dovrebbe stare in panchina per più di tre anni visto che a Napoli si voterà nel 2021. Un po’ troppo. La seconda strada è, invece, quella che porta dritto di nuovo in Parlamento, a marzo (almeno così pare) del 2018. Strada impervia, per carità, vista la legge elettorale che necessita, però, dei pezzi da novanta del Movimento da candidare nei collegi, per correre. Una terza via potrebbe essere una deroga alle regole: ipotesi più difficile per un duro e puro come Fico.
Dunque Fico-Ercole al bivio dovrà in tempi rapidi decidere anche tra il cuore e la ragione. Napoletano doc, il presidente della commissione di vigilanza Rai ha costruito parte del suo consenso anche interno al movimento proprio a Napoli. Sin dagli albori dei meetup, quando i grillini non pensavano minimamente di poter scendere in politica. Quando con Beppe Grillo riempiva piazze e discariche (eh sì le manifestazioni le facevano a Terzigno, a Chiaiano) su temi come l’acqua pubblica e l’emergenza rifiuti, ma non le urne. Fico rappresenta l’ala dura e ortodossa, quella che ha vissuto l’investitura di Luigi Di Maio capo politico e candidato leader come una forzatura. E a Napoli ma anche in Italia l’ala ortodossa è viva e vegeta, più che mai. Un suo passo indietro, a livello nazionale, avrebbe ripercussioni su tutto il Movimento. Se ne avvantaggerebbe solo Di Maio, amico-avversario da sempre.
Questo non significa che abbia già accantonato l’idea di riprovarci a Napoli. Soprattutto dopo il risultato siciliano e considerando il fatto che Luigi de Magistris, che in questi anni ha arginato con il suo leaderismo populista proprio i 5 Stelle, non potrà ricandidarsi. Non è un caso, infatti, se la strategia grillina sia cambiata. Ieri Fico ha presentato una mozione di sfiducia contro il sindaco con i consiglieri comunali Francesca Menna e Matteo Brambilla e la parlamentare Paola Nugnes. Un atto politico, nulla di più, visto che per sfiduciare de Magistris non bastano due firme, ma significativo e forte. «Questa giunta si è sfiduciata da sola — ha spiegato Brambilla —, quando la Corte dei conti blocca la spesa del Comune certifica che non è in grado di gestire le spese ordinarie quindi un fallimento su tutta la linea. Sono stati presentati in consiglio dei documenti diversamente veri, con dati falsati dal disavanzo di 1 miliardo di euro, è stata presentata la rimodulazione di un piano che non poteva essere fatta secondo quelle indicazioni, il racconto di una realtà diversa da quella dei conti. La cosa che più ci rattrista come cittadini nelle istituzioni è che a pagare il prezzo più alto è la città di Napoli dove mancano i servizi. Il Comune è già in dissesto a differenza di quanto dice il sindaco che parla solo di raccomandazioni». Un attacco, dopo mesi di lavoro quasi oscuro, assai poco pubblico. E che rilancia la presenza in città di Fico che a domanda diretta risponde: «Io sindaco di Napoli? Il Movimento 5 Stelle è interessato al governo della città, non c’è dubbio. Poi vedremo chi sarà il candidato». Perché la decisione non è presa. E sui possibili avversari dice: «Mi interessa uscire dalla logica dei competitor e puntare alla fase di confronto e programmazione per il Paese. Sia il voto di lista sia quello del candidato Pd in Sicilia sono tragici ed era annunciato. Il Pd lì non esiste più e vedo che anche ad Ostia c’è lo stesso risultato. A me interessa il confronto con il Paese, nei territori, con le persone, per dire quello che noi davvero vogliamo fare e quello che noi siamo».
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