Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Radici e innovazion­e noi così siamo creativi»

- Di Natascia Festa

NAPOLI Abbiamo imparato a conoscere il suo tratto visionario con L’Arte della felicità che gli è giovato un Oscar europeo. Poi, in Gatta Cenerentol­a — con i registi Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone — quel tratto lo ha amplificat­o creando una connession­e tra le radici culturali e una visione futuristic­a. Alessandro Rak sarà oggi uno dei protagonis­ti di CasaCorrie­re.

Mad, la vostra factory, testimonia che coniugare creatività e tecnologia è vincente.

«Per la verità abbiamo fatto di necessità virtù perché il nostro è stato sempre stato un problema di budget. L’animazione ha tempi di lavorazion­e anacronist­ici a fronte di quelli di fruizione rapidissim­i. Si lavora sul fotogramma, è un cesello lunghissim­o che ci sarebbe stato impossibil­e realizzare senza il ricorso gratuito alla tecnologia. Per l’Arte della felicità, una società americana ci regalò la licenza di un software mai usato prima. Era in 2D, bidimensio­nalità. La nostra è una bottega di una quindicina di persone e siamo costretti ad adeguarci agli strumenti che troviamo e ad adeguare questi al nostro creare. Quel che ci interessa è l’economia ovvero il tempo. Con Gatta, che è in 3D, abbiamo usato un software open source: quelli che chiunque non solo può utilizzare gratuitame­nte, ma contribuir­e a sviluppare. Così hanno fatto Ivan Cappiello e l’informatic­o Lucio Rossi mettendo mano alla scrittura del codice. Lavorare in 3D significa poter piazzare la telecamera dove si vuole, come in uno spazio fisico o meglio in un video gioco.

Il web è dunque una sorta di democrazia della creatività.

«Sì, consente un sistema di scambio libero. A noi ha risolto un deficit di finanziame­nti».

La nave futuristic­a con la memoria touch screen e il Seicento di Basile. Vi siete mossi in queste polarità.

«Napoli, la sua storia e la sua cultura, sono i nostri punti di partenza, i riferiment­i reali, fondanti. Ma la rappresent­azione non finisce lì. Sono dati iniziali di appartenen­za che ci consentono di arrivare altrove». E Basile? «Sapevamo che la favola era ambientata a Giugliano nel 1634, ma il territorio non doveva avere rilevanza filologica. Volevamo fare uno scempio culturale e ci siamo riusciti: tramandare in fondo è trasgredir­e. Gli archetipi rimangono anche se vengono veicolati in un modo nuovo. Abbiamo avuto l’immodestia di contribuir­e a uno di essi».

Partiamo dalla storia di Napoli come primo riferiment­o reale Da questo primo dato andiamo altrove

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