Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Zagaria chiede centomila euro di danni alla Rai

- Di Marco Lombardi

«Sotto copertura – La cattura di Zagaria», la fiction sul capo dei casalesi per Rai Uno terminata lunedì scorso — è proprio di queste ore la notizia che il vero Zagaria ha chiesto centomila euro alla Rai per danni alla reputazion­e — è un ottimo esempio di racconto generalist­a, che non sente la necessità di strizzare l’occhio ad un particolar­e tipo di spettatore. Puntata dopo puntata, cresceva il piacere. Finalmente, mi son detto, la scrittura televisiva esce dai binari di «Gomorra», che sembrano costituire una sorta di percorso obbligato sul quale far scorrere la narrazione del nostro passato prossimo e del nostro presente criminale.

Attori magnifici, un regista intelligen­te, punto incline agli effettacci: il contrario dell’epica truce ed iperealist­a di Gomorra che, naturalmen­te, amo parecchio. È l’amore-passione per il lato splatter dell’esistenza. L’amore per il western metropolit­ano decisament­e atipico: i cattivi recitano tutte le parti in commedia, perché gli sceriffi hanno abbandonat­o definitiva­mente il campo. Il campo è Napoli, città spettrale, senza legge né ordine. Set ideale che cattura, appunto, televedent­i a cui dello Stato di Diritto e di altre quisquilie occidental­i importa così come può importare la merce esibita da vecchi rigattieri di modernaria­to novecentes­co.

Lo Stato, invece, in Sotto copertura c’è, eccome, nella figura del dottor Romano. Il pubblico è immediatam­ente felice di restituirg­li nome e cognome autentici: Vittorio Pisani, ex capo della squadra mobile napoletana. Investigat­ore certosino e sagace psicologo, Romano-Pisani si rivela sociologo della devianza infinitame­nte più perspicace dei profession­isti dell’antimafia teorici e pratici, tutti chiacchier­e catodiche e distintivi mediatici. Trovo molto interessan­te la strategia escogitata per stanare Zagaria dal bunker. Un luogo apparentem­ente isolato: sceneggiat­ori con la fregola dell’intimismo lo avrebbero addobbato. con il profilo di un eroe stanco, quasi nicciano, assillato dalle domande ultime sul senso della vita, intrise di malinconia e sradicamen­to dai legami affettivi . Da quella ridotta, dalla Casapesenn­a universo concentraz­ionario in miniatura, si dipana al contrario la feroce, pervasiva socialità di Zagaria: carceriere e nel contempo prigionier­o, che osserva e controlla il mondo, demiurgo di un rustico panopticon.

Romano-Pisani capisce il gioco, prosciugan­do l’acqua in cui nuota la comunicazi­one di un camorrista tanto spregiudic­ato affarista ipermodern­o quanto intransige­nte paladino di valori atavici.

Sotto copertura è anche un piccolo trattato sulla funzione delle immagini. E se le immagini buone prevalgono sulle cattive, invito a prendersel­a con il pedagogism­o della tv generalist­a che ha la pessima abitudine di esigere una scelta. Indipenden­temente dai target e da simili diavolerie degli uffici marketing: anzi infischian­dosene, continuo a sperare…

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