Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Zagaria chiede centomila euro di danni alla Rai
«Sotto copertura – La cattura di Zagaria», la fiction sul capo dei casalesi per Rai Uno terminata lunedì scorso — è proprio di queste ore la notizia che il vero Zagaria ha chiesto centomila euro alla Rai per danni alla reputazione — è un ottimo esempio di racconto generalista, che non sente la necessità di strizzare l’occhio ad un particolare tipo di spettatore. Puntata dopo puntata, cresceva il piacere. Finalmente, mi son detto, la scrittura televisiva esce dai binari di «Gomorra», che sembrano costituire una sorta di percorso obbligato sul quale far scorrere la narrazione del nostro passato prossimo e del nostro presente criminale.
Attori magnifici, un regista intelligente, punto incline agli effettacci: il contrario dell’epica truce ed iperealista di Gomorra che, naturalmente, amo parecchio. È l’amore-passione per il lato splatter dell’esistenza. L’amore per il western metropolitano decisamente atipico: i cattivi recitano tutte le parti in commedia, perché gli sceriffi hanno abbandonato definitivamente il campo. Il campo è Napoli, città spettrale, senza legge né ordine. Set ideale che cattura, appunto, televedenti a cui dello Stato di Diritto e di altre quisquilie occidentali importa così come può importare la merce esibita da vecchi rigattieri di modernariato novecentesco.
Lo Stato, invece, in Sotto copertura c’è, eccome, nella figura del dottor Romano. Il pubblico è immediatamente felice di restituirgli nome e cognome autentici: Vittorio Pisani, ex capo della squadra mobile napoletana. Investigatore certosino e sagace psicologo, Romano-Pisani si rivela sociologo della devianza infinitamente più perspicace dei professionisti dell’antimafia teorici e pratici, tutti chiacchiere catodiche e distintivi mediatici. Trovo molto interessante la strategia escogitata per stanare Zagaria dal bunker. Un luogo apparentemente isolato: sceneggiatori con la fregola dell’intimismo lo avrebbero addobbato. con il profilo di un eroe stanco, quasi nicciano, assillato dalle domande ultime sul senso della vita, intrise di malinconia e sradicamento dai legami affettivi . Da quella ridotta, dalla Casapesenna universo concentrazionario in miniatura, si dipana al contrario la feroce, pervasiva socialità di Zagaria: carceriere e nel contempo prigioniero, che osserva e controlla il mondo, demiurgo di un rustico panopticon.
Romano-Pisani capisce il gioco, prosciugando l’acqua in cui nuota la comunicazione di un camorrista tanto spregiudicato affarista ipermoderno quanto intransigente paladino di valori atavici.
Sotto copertura è anche un piccolo trattato sulla funzione delle immagini. E se le immagini buone prevalgono sulle cattive, invito a prendersela con il pedagogismo della tv generalista che ha la pessima abitudine di esigere una scelta. Indipendentemente dai target e da simili diavolerie degli uffici marketing: anzi infischiandosene, continuo a sperare…