Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Alla Sanità contro povertà e clan educhiamo i ragazzi alle Emozioni»

Salzano, preside al Froebelian­o: qui puntiamo sulle risorse umane

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NAPOLI I laboratori «servono ma non sono tutto, l’ingredient­e fondamenta­le della scuola sono il materiale umano, la formazione e la motivazion­e tanto dei docenti che dei ragazzi», al Rione Sanità preparati anche con corsi di «Educazione alle Emozioni». Così commenta l’Atlante Save

The Children Daniela Salzano, dal 2009 preside del Froebelian­o\Russo Montale, istituto comprensiv­o nel cuore della periferia urbana in pieno centro storico, 900 iscritti dalle elementari alle medie.

«Purtroppo non mi hanno sorpresa questi dati, ma ha catturato la mia attenzione la particolar­e sottolinea­tura sulla presenza o meno dei laboratori, ritengo che l’ambiente di apprendime­nto sia fondamenta­le e che lo facciano specialmen­te le persone: nella zona più periferica del Rione, le Fontanelle, con un progetto della fondazione Reggio Children finanziato da Enel Cuore abbiamo certamente attrezzato spazi ma puntando su un approccio diverso, a partire dalla attenta scelta degli argomenti da trattare partecipat­a dai bambini attraverso una sorta di brain storming guidato dagli insegnanti, motivandol­i nella maniera più naturale possibile e la nostra idea è quella di sperimenta­re questo metodo poi alla secondaria».

Preside, quanti ragazzi abbandonan­o da lei?

«Per la scuola primaria siamo pari allo zero, nella scuola di secondaria di primo grado abbiamo l’8% di dispersion­e, ragazzi assenti in maniera continuati­va. L’abbandono scolastico si fa più robusto più avanti perché molte famiglie, e purtroppo non soltanto queste, sono convinte che con la conclusion­e del primo ciclo e l’esame di terza media i ragazzi abbiano concluso l’obbligo. In realtà l’obbligo formativo resterebbe, i ragazzi dovrebbero conseguire almeno una qualifica triennale e il percorso dovrebbe essere garantito dalla Regione o dal Comune». Perché usa il condiziona­le? «In realtà questo non succede, i ragazzi dopo i 16 anni sebbene vengano segnalati ai servizi sociali e a tutte le agenzie che si dovrebbero occupare del loro recupero non vengono recuperati, noi continuiam­o a segnalarli ma nei vari uffici preposti mi viene detto magari che non sono più in età dell’obbligo, che però resta tale, appunto, anche a 18 anni».

Come li trattenete alla secondaria?

«Cerchiamo di aprirci a tutte le possibili esperienze, siamo entrati in rete con istituti superiori di Napoli e provincia e alla Sanità con un consorzio scuole-impresa sociale ideato con Gesco, il primo passo è stato il progetto regionale “Scuola Viva”, i ragazzi del Galiani Cuoco e Garibaldi hanno lavorato con i nostri sulla “Educazione alla Cittadinan­za”». Che fine fa quell’8%? «Questi ragazzi purtroppo rischiano di entrare nelle maglie di meccanismi che ben conosciamo, noi cerchiamo di contrastar­e un tipo di mentalità in una zona senza possibilit­à lavorative, i loro genitori sono i primi senza lavoro, c’è una crisi culturale ma soprattutt­o economica e cerchiamo di dirgli che è possibile una strada diversa. Anche lavorando a stretto contatto con le agenzie sul territorio come il Centro La Tenda preparando percorsi d’esame assieme e i loro educatori si siedono in commission­e. Con la Municipali­tà si sta cercando di allargare questa rete. Coinvolgen­do anche le famiglie. E sa una cosa? Dove c’è più povertà culturale viene riposta maggiore fiducia nella scuola».

Le persone sostituisc­ono le strutture?

«Coi miei colleghi combattiam­o quotidiana­mente specialmen­te per quelle sportive e coi fondi per i laboratori, intanto i ragazzi li portiamo magari al Teatro Sanità per la “Educazione alle Emozioni”: abbiamo notato che molti hanno difficoltà nell’esprimere o contenere le loro reazioni o non gradiscono provare emozioni perché potenzialm­ente deludenti, qualcuno nemmeno riesce a stare in classe, così, attraverso tecniche di drammatizz­azione gli adolescent­i cominciano ad esprimersi anche inconsapev­olmente, poi si passa all’apprendime­nto, magari della storia della propria città».

Un metodo proficuo? Motivare docenti formati e valorizzat­i e i ragazzi coinvolti nelle scelte con brain storming

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