Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Palazzo Penne, il restauro fantasma
Esposto alla Procura e alla Corte dei Conti. Nel 2012 furono stanziati 13 milioni Maltempo, allagamenti e nuove crepe nelle antiche mura. Scatta l’allarme
NAPOLI La pioggia degli ultimi giorni non ha fatto bene a Palazzo Penne, l’ultimo esempio di architettura rinascimentale e forse, come racconta la leggenda popolare, l’unico edificio costruito dal diavolo in città. Risale al 1406 e ieri larghe crepe si sono aperte nei muri che mostrano abbondanti le ferite del tempo e infiltrazioni d’acqua si sono fatte largo tra i ponteggi di presunti restauri. Iolanda Somma, l’ultimo inquilino di Palazzo Penne ieri ha chiesto aiuto alla municipalità, teme che quello storico edificio le crolli addosso da un momento all’altro. «Ma non so dove andare - spiega - ho chiesto da tempo di essere trasferita il un alloggio decente ma nessuno mi ha risposto». Secondo la burocrazia, invece, è proprio la sua presenza ad ostacolare il restauro del palazzo più antico di Napoli, lavori finanziati con un bel po’ di soldi. Sul caso parte un nuovo esposto alla Procura della Repubblica e alla Corte dei conti firmato dal consigliere della seconda municipalità Pino De Stasio e da Alessandro Biamonte, avvocato amministrativista e attivo da 25 anni nelle battaglie per tutelare i Beni storici e monumentali della città. «Strappato, sul finire degli anni Novanta, alla speculazione privata grazie all’apporto dei comitati civici spiega De Stasio - e assieme ad Alda Croce, si riuscì ad ottenere l’esercizio del diritto di prelazione da parte della Regione. E nel 2012 una delibera voluta dall’allora assessore Edoardo Cosenza stabiliva che «sia ristrutturato un edificio strategico pubblico con un costo totale di nvestimento di 13.500.000,00 di euro, essendo allo stato disponibili le risorse sull’Obiettivo Operativo 1.7 “Edifici Pubblici Sicuri”quali economie di gara maturate». E inoltre di utilizzare Palazzo Penne «quale sede operativa della Presidenza della Giunta regionale, per le attività della protezione Civile, nonché quale sede degli uffici dell’agenzia Regionale Campana per la difesa del suolo». E invece cosa è accaduto? Dei restauri restano visibili solo le impalcature, mentre crepe e muri cadenti sono ancora là. In rovina i giardino dove il diavolo avrebbe dovuto contare i semi di grano del signor Penne. «Nella delibera - denunciano ai magistrati De Stasio e Biamonte - sono indicati gli importi stanziati e i nomi dei restata sponsabili, ma tutto inspiegabilmente continua a tacere e a restare fermo. Nessun effetto hanno sortito gli appelli al governatore regionale e al presidente della Repubblica Mattarella. Resta un mistero la sorte dei fondi stanziati nel 2012 sulla base del progetto approvato dalla Soprintendenza, dell’edificio dove Pier Paolo Pasolini girò l’episodio di “Elisabetta da Messina” e Liliana Cavani ambientò la “Pelle”».
A far costruire il palazzo fu Antonio Penne, segretario del re di Napoli Ladislao, nel 1406. La leggenda narra che Penne, appena arrivato in città, s’innamorò di una ragazza. Non ricambiato. La ragazza gli promise che sarebbe sua solo se avesse costruito un palazzo in una sola notte. E così disperato Penne chiese aiuto al diavolo, il quale pretese in cambio la sua anima. Il segretario del re volle però mettere nel contratto una clausola: Penne avrebbe ceduto la sua anima solo se il demonio avesse contato tutti i chicchi di grano che egli avrebbe sparso nel giardino del palazzo. E il diavolo non ci riuscì perché il furbo dignitario gettò della pece sui chicchi che rimasero così attaccati e impossibili da contare. La storia ricorda un po’ Faust, ma anche più banalmente «Totò al giro d’Italia».
De Stasio L’importo stanziato fu di oltre 13 milioni Che fine hanno fatto quei fondi? Sono stati forse persi