Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Fiction bugiarda», poi Zagaria mima il suicidio
NAPOLI Una fiction in tivù, una fiction anche in aula: il protagonista è sempre Michele Zagaria, capoclan dei casalesi detenuto a Opera in regime di carcere duro. Ieri mattina, nel corso di un’udienza del processo per gli omicidi di Michele Iovine e Antonio Bamundo, di cui è accusato di essere il mandante, il boss ha dato in escandescenze. Davanti alla IV sezione della Corte d’Assise, presieduta da Giuseppe Provitera, alla presenza del pm Simona Belluccio e dell’avvocato che lo assiste, Andrea Imperato, dopo avere ottenuto di rendere dichiarazioni spontanee, ha co minci a to a pa r l a re di «Sotto copertura», la serie Rai ispirata al suo personaggio andata in onda di recente per quattro lunedì di seguito. Il boss nei giorni scorsi aveva reso noto tramite i suoi legali di avere chiesto un risarcimento di 100.000 euro da devolvere in beneficenza per il danno di immagine che ritiene di aver subìto, in particolare per l’attrazione che nella fiction il personaggio a lui ispirato prova per una ragazzina. Ieri, collegato in videoconferenza, è tornato alla carica: poiché la vicenda non attiene ai fatti oggetto del dibattimento, il presidente lo ha interrotto, invi- tandolo, appunto, a non fare un’altra fiction. Zagaria allora si è attorcigliato al collo il filo del microfono e ha detto: «Allora non mi resta che il suicidio». La polizia penitenziaria è intervenuta per bloccarlo e l’ha accompagnato in infermeria; l’udienza è stata sospesa ed è poi proseguita con l’escussione di un teste; si riprenderà il 12 dicembre.
Nel pomeriggio il procuratore, Giovanni Melillo, ha reso noto con un comunicato che l’Ufficio sta valutando la rilevanza penale della condotta del boss, detenuto in qualità di promotore, dirigente e organizzatore di un’associazione camorristica. Il sospetto infatti è che Zagaria, col suo discorso, abbia voluto mandare a qualcuno un messaggio trasversale: un modo di fare non inusuale per il clan dei casalesi. Il pm attende il verbale di udienza per leggerlo e fare le sue valutazioni.
Antonio Bamundo, affiliato al clan, fu assassinato nel 2000 perché sospettato di essere un confidente dei carabinieri. Michele Iovine fu ucciso perché dopo la scarcerazione stava tentando di acquisire il controllo delle estorsioni.
In aula L’ex primula rossa è accusato d’essere mandante di un duplice omicidio