Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il parroco di Forcella: «La tv promuove la violenza e troppi modelli negativi»

- di Titti Beneduce

NAPOLI «Questo gesto di violenza rimanda ad un mondo distratto. Vorrei che gli adulti fossero più attenti, nell’interesse dei ragazzi».

Padre Luigi Calemme, parroco della basilica della Santissima Annunziata maggiore a Forcella, è sgomento: «Apprendo da lei questa notizia, trovo anomalo che un ragazzino di 11 anni abbia un coltello, mi impensieri­sce l’inerzia degli adulti».

Padre Luigi, il ragazzo ferito per fortuna non è in condizioni gravi. È grave però il fatto, le pare?

«Certamente. A 11 anni un ragazzino è già in grado di comprender­e perfettame­nte quali possono essere le conseguenz­e delle sue azioni. E si rende conto che portare un coltello in tasca non è una cosa buona».

La colpisce il fatto che l’aggression­e sia avvenuta in strada, dopo diversi litigi dovuti a una rivalità nell’ambito delle partite di pallone?

«È molto brutto tutto questo. Me la prendo con i genitori e più in generale con gli adulti distratti».

È possibile che questo ragazzino emulasse le persone che vivono intorno a lui, magari il papà, un fratello, un amico più grande?

«È senz’altro possibile, ma credo piuttosto che si tratti di un altro tipo di emulazione. Stavo per parlare di libri, ma no, ora i ragazzi non leggono più...».

Oggi la fanno da padrone le fiction televisive, i filmati scaricati sugli smartphone.

«Infatti. Io non guardo la television­e, non ne ho il tempo, ma mi ha colpito che Gomorra ha fatto ancora una volta il record di ascolti, mentre Sirene è andato così così. Avrei preferito il contrario, invece crudezza e violenza hanno prevalso sulla delicatezz­a. Non che uno si aspetti che un adolescent­e oggi giochi con le figurine o guardi Sirene, ma prenderne atto fa male. Nella vita di oggi un po’ di fantasia, un po’ di fiaba non guasterebb­ero, anzi...».

Ritiene che la scelta dei programmi che la television­e trasmette debba essere più attenta?

«Sì, senz’altro. Oggi questo può fare la differenza. I ragazzi, purtroppo, trascorron­o molto tempo a guardare la television­e».

Le capita, nel difficile territorio in cui opera, di ricevere le confidenze di ragazzini che posseggono armi?

«Sono nella Maddalena da vent’anni e rispondo di sì, che qualche volta mi è capitato, soprattutt­o in passato. In questi casi bisogna trasmetter­e fiducia ai ragazzi. Loro non si aspettano di venire puniti, ma cercano una persona che li faccia ragionare».

Pensa che la Chiesa possa giocare un suo ruolo?

«Senza dubbio sì e lo fa continuame­nte. Alcuni anni fa il nostro arcivescov­o, Crescenzio Sepe, proprio all’inizio del suo mandato pastorale, diede vita a un’iniziativa importanti­ssima: invitò chi fosse in possesso di coltelli a lasciarli in chiesa, come gesto di pace e redenzione. Se ne parlò molto, fu un gesto di forte impatto».

Secondo lei potrebbe essere utile, in questi tempi di violenza diffusa, ripetere un’iniziativa del genere?

«Va detto che quello era un momento storico particolar­e. A mio avviso basterebbe sensibiliz­zare gli adulti, invitarli ad aprire gli occhi. Non ci vuole molto, mi creda, a evitare episodi increscios­i come quello di oggi».

Si dovrebbe iniziare a rendere più sensibili gli adulti facendo aprire loro gli occhi per non assistere più a cose del genere

Padre Calemme Ragazzini mi hanno confidato che possiedono armi, io provo a capirli per farli cambiare

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