Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Quando il «Serapeo» svelò i suoi segreti e mise in crisi la religione
A Pozzuoli le ricerche di Babbage e Lyell che riscrissero la Geologia
Chiunque sia stato almeno una volta a Pozzuoli, anche solo per imbarcarsi per Procida o Ischia, conoscerà sicuramente l’area archeologica del Serapeo, a pochi passi dal porto e probabilmente sarà a conoscenza della particolarità storica e archeologica di questo luogo. Molto meno noto, invece, è che un paio di secoli fa, il Serapeo sia stato una star di livello mondiale per la scienza. Addirittura è stato il «campo di battaglia» sul quale si sono affrontate due teorie che cercavano di spiegare i meccanismi di formazione della crosta terrestre. Alla fine, le osservazioni compiute in questo luogo determinarono la teoria vincente, portando alla nascita di quella scienza che oggi chiamiamo Geologia. Prima di raccontare questa storia, però, occorre fare una breve premessa.
Per i viaggiatori del Grand Tour che tra ‘700 e ‘800 si spingevano fino a Napoli e alla Sicilia, il viaggio si arricchiva ulteriormente, assumendo caratteristiche talmente particolari che non trovano riscontro in nessun’altra parte d’Europa. Nel meridione italiano, infatti, il Grand Tour diventava esplorazione scientifica e occasione di studio. Nomi come Vesuvio, Etna, Stromboli, Vulcano, Solfatara o, appunto, il Serapeo di Pozzuoli, esercitavano sugli studiosi di scienze della Terra lo stesso, irresistibile, richiamo delle Sirene sui naviganti e, così, non stupisce che la lista degli scienziati venuti a studiare la sorprendente natura meridionale sia decisamente lunga. Due nomi su tutti, però, spiccano e sono legati proprio al Serapeo: Charles Babbage e Charles Lyell.
Il primo è un matematico inglese, famoso per aver progettato, già agli inizi dell’800, un calcolatore meccanico considerato l’antenato dei computer. Tuttavia, non ancora appagato, si mette in testa di svelare i segreti della formazione delle rocce. Il secondo, invece, è uno scozzese che, dopo essersi laureato in legge per accontentare il padre, decide di seguire la sua vera passione: la geologia. È così che, nel 1828, per una strana coincidenza, entrambi vanno a Pozzuoli a studiare i singolari fenomeni che caratterizzano il Serapeo (i misteriosi buchi e gli strani segni circolari presenti sulle colonne) ed entrambi giungono alla stessa conclusione: quei segni e i fori lasciati dai molluschi che scavano nel marmo, indicano che il monumento non si è sempre trovato allo stesso livello rispetto al mare. Anzi, i due capiscono che è il suolo stesso, con tutto quanto vi sta sopra e non il mare, a essersi alzato e abbassato nel corso del tempo, anche di parecchi metri.
Questa intuizione cambia tutto perché, fino a quel momento, nessuno al mondo ha ancora capito come si sia formata e come evolva nel tempo la crosta terrestre e gli scienziati sono divisi. Da una parte ci sono i cosiddetti «nettunisti», per i quali la crosta è fatta di una serie di strati rocciosi formatisi per via meccanica e chimica, in un grande oceano che ricopriva tutta la Terra (ecco il riferimento al dio delle acque Nettuno). Sull’altro fronte ci sono i «plutonisti», secondo i quali le rocce si sono formate per solidificazione da una grande massa fusa all’interno del pianeta e il sollevamento dei fondali marini e la formazione dei continenti, sono dovuti al calore interno del pianeta (e qui il riferimento è al dio Plutone).
Fu dopo aver studiato il Serapeo che Lyell pubblicò, tra il 1830 e il ’33, le sue teorie in un libro (Princìpi di Geologia) considerato alla base della geologia come scienza moderna. A dirla tutta, Lyell rimase così colpito dal sito di Pozzuoli, da volere l’immagine delle colonne forate, sulla copertina della sua opera. Del Serapeo scrisse che era «…la più notevole costruzione sulla faccia della terra […] Riflettendo sulle cause che hanno prodotto i cambiamenti del livello terrestre nelle zone limitrofe a Pozzuoli, ero indotto a considerare se non si potessero estendere ad altri casi, e se non vi fossero altre cause naturali, che esercitano costantemente la loro influenza, le quali, in concorso con le proprietà note della materia, devono necessariamente produrre alterazioni nel mare e nella terra, quei sollevamenti di continenti e montagne, e quei grandi cicli dei quali la geologia ci offre prove così incontrovertibili».
Anche Babbage era convinto che le variazioni di quota del Serapeo fossero da attribuire al calore sotterraneo, tanto da scrivere: «Le sue stesse sorgenti calde, la sua immediata contiguità con la Solfatara, la sua vicinanza al Monte Nuovo, le sorgenti calde delle Stufe di Nerone, le sorgenti bollenti degli antichi vulcani di Ischia da un lato e del Vesuvio dall’altro, sono i più rilevanti di una moltitudine di fatti che portano a questa conclusione».
Gli effetti di questa nuova teoria furono enormi, anche dal punto di vista religioso perché mettevano in discussione la Creazione e non si limitarono a riscrivere la geologia. L’idea stessa della lenta ma continua evoluzione della superficie terrestre finì, infatti, per ispirare, pochi anni dopo, un giovane Charles Darwin che, durante il suo famoso viaggio intorno al mondo, lesse l’opera di Lyell rimanendone così colpito, da applicare quei concetti anche alle specie viventi, giungendo a elaborare la Teoria dell’Evoluzione.
La storia del Serapeo, dunque, è davvero straordinaria in modi inaspettati e ci permette di guardarlo con occhi diversi, consapevoli del ruolo unico e fondamentale che ha avuto anche nella storia del sapere scientifico. A proposito, dopo le osservazioni di Babbage e Lyell, a vincere furono i plutonisti.
Le pubblicazioni Le colonne dell’antico monumento forate e cerchiate da aloni dimostravano che il suolo si era alzato e abbassato rispetto al livello del mare e che quindi la crosta terrestre non era ferma