Corriere del Mezzogiorno (Campania)
CON MORGANTI LA MUMMIA DI LENIN RIPRENDE VITA
La forza visionaria di Davide Morganti non ha pari nel panorama della letteratura contemporanea napoletana (ma forse aggiungerei italiana). Le circa cinquecento pagine della sua nuova fatica (e davvero di fatica si tratta, vista la mole del libro, l’impegno dell’autore e la quantità di storie e microstorie che si intrecciano) sono una funambolica corsa verso il traguardo finale in cui si riannodano un po’ di fili lasciati in sospeso. La consonante K (edizioni Neri Pozza) è un romanzo anomalo, di notevole impatto, che va controcorrente rispetto a gran parte della produzione letteraria di oggi, presa in ostaggio troppo spesso da vicende banalmente intime o minimali. Nel romanzo di Morganti invece c’è tutto, forse anche troppo: c’è sangue, c’è sesso, ci sono odio e amore, c’è la politica, c’è la grande storia del ‘900. Insomma lo scrittore napoletano ambisce a costruire un universo postmoderno che in qualche modo rimanda alla complessa poetica dell’enigmatico Pynchon. Ma se si preferisce restare nei nostri territori, è possibile rintracciare in Morganti echi di una certa parte più onirica e corale della scrittura di Anna Maria Ortese. Certo, con La consonante K ci allontaniamo parecchio dal golfo: il lettore viene sballottato dalla Berlino divisa a metà alla Russia del post Chernobyl, passando per Bruxelles ai tempi della tragedia dello stadio Heysel, fino ad approdare in America e dintorni (a un certo punto però balena un piccolo riferimento a Marano di Napoli, forse un omaggio nostalgico?). Gli andirivieni temporali e geografici sono repentini e ben incastrati fra loro, con un considerevole sforzo dell’autore nel costruire una credibile architettura narrativa. Così ci pare perfino possibile che la mummia di Lenin riprenda vita e se ne vada in giro a fare conquiste e ad ammazzare la gente o che a una ragazza che lavora troppo capiti di svolazzare a mezz’aria e di sentire nelle ossa un rumore di mattoni in frantumi. Ed è solo una piccola parte del repertorio immaginifico di Morganti, convincente anche nella lingua. Se i suoi eccessi letterari siano poi davvero sostenibili da parte dei lettori è tutto da scoprire.