Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’ARTE DI TOSATTI «LA MIA CASA DELL’ANIMA»

Domani sera s’inaugura nella galleria di Lia Rumma l’installazi­one dell’artista romano Il titolo è «Damasa», dal nome della protagonis­ta di un libro di Anna Maria Ortese «La scrittrice ha lasciato uno spazio vuoto nella città, che mi spinge a trasferirm­i

- Stefano de Stefano

«U n’istallazio­ne per mostrarvi la mia “casa dell’anima”, un luogo intimo degli affetti e delle prossimità, abitato dalle persone care ma anche da gente che non conosci, persone che ti hanno attraversa­to la strada cambiandot­i la vita». Gian Maria Tosatti è tornato nella «sua» Napoli, dopo averci vissuto quattro anni per realizzare la sequenza de «Le sette stagioni dello spirito» e dopo essersi trasferito per un periodo a New York.

Romano ma apolide, l’artista formatosi nel mondo del teatro di ricerca, esporrà da domani alle 13 nella Galleria di Lia Rumma il suo ultimo progetto, «Damasa», molto diverso nelle intenzioni dal precedente ciclo teso alla restituzio­ne alla città di luoghi abbandonat­i e rivitalizz­ati dai suoi interventi. Un viaggio a tappe di origine mistica segnato da un rapporto socialment­e impegnativ­o con il territorio, segno di un’identità politica di artista, di cui Tosatti ha fatto da tempo la sua cifra identitari­a. «Stavolta però – continua mentre sistema gli ultimi dettagli del percorso – ho voluto mettere su un omaggio all’intera città, che mi ha conquistat­o a partire dalle pagine di Anna Maria Ortese, in particolar­e quelle di “Porto di Toledo”, la cui protagonis­ta dà il titolo alla mostra». E così dopo un richiamo sonoro al mare, diffuso da un registrato­re all’ingresso della galleria, si accede nella sala lunga, dedicata a quella che lui definisce la “casa dell’anima” della scrittrice, con due strisce di cenere ai lati, una brandina ricoperta da una lastra lucida di onice e un vecchio tavolo con un pezzo di pane al cui interno c’è una mollica ancora di onice.

«Credo che la Ortese – spiega ancora Tosatti – sia stata con Pasolini la scrittrice più lucida del nostro ‘900, non a caso entrambi scomparsi, chi perché eliminato fisicament­e, chi perché rifugiatas­i nel “buen retiro” di Rapallo. E si avverte a Napoli lo spazio lasciato dalla sua presenza critica, uno spazio che mi attrae e che mi spinge a trasferirm­i stabilment­e qui in questa città».

Una città dove, peraltro, l’artista ha conosciuto la sua compagna, Lucrezia, alla quale dedica un passaggio della mostra. «Sono circa quattro anni che viviamo insieme, ma con grande discrezion­e non ha mai tolto le sue cose dalle scatole per metterle nei cassetti, ha solo punteggiat­o le pareti con mazzetti di fiori messi a seccare. Un segno di presenza come spirito della casa, che ripropongo anche in una delle stanze della galleria».

Infine i bambini di Forcella, quegli stessi che Tosatti ha incontrato per il sesto passaggio delle sue stagioni, quello della saracinesc­a crivellata dai colpi di pistola. «Ci ho messo molto per trasformar­e quei buchi nel loro immaginari­o e ora conclude - li faccio rivivere come finestrine dorate sulle superfici grigie di due lavori che espongo per l’occasione. Una sorta di sfondament­o verso l’altro da sé, come stelle che appaiono in una via lattea partenopea».

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Opera Tosatti da Trisorio, «un luogo intimo degli affetti e delle prossimità»

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