Corriere del Mezzogiorno (Campania)
NAPOLI PAGA IL CONTO DEL POPULISMO L’
esperienza del ribellismo populista al governo della città sembra ormai irreversibilmente in crisi. Stando solo alla cronaca degli ultimi giorni si vede un’amministrazione, priva di capacità di decisione, che adotta un provvedimento sulla movida sostanzialmente inutile e che, per provare a risolvere la crisi del trasporto pubblico, è costretta al paradosso di negare la sua stessa anima benecomunista, già in verità fiaccata dalle vicende dell’acquedotto, avviandosi alla privatizzazione del servizio. Che il populismo arancione non sia la soluzione di governo per Napoli è un dato ormai acquisito, sul quale non ha forse più neanche troppo senso discutere. Per iniziare a immaginare il futuro è più utile riflettere sul perché Napoli si è affidata al ribellismo mentre altre città, prima fra tutte Milano, continuano a selezionare classe dirigente sia a destra sia a sinistra, lasciando poco o nessuno spazio al Movimento cinque stelle e ai suoi epigoni.
Se è vero che l’attuale amministrazione ha fallito la prova del governo, è anche vero che né la destra né la sinistra sono riuscite a costruire un’alternativa. Basta solo ricordare che, alle ultime elezioni, la destra ha presentato lo stesso candidato e lo stesso programma di cinque anni prima e la sinistra ha riavvolto il nastro, mettendo di nuovo in scena le primarie con lancio di stracci tra i candidati che, se si guarda alle vicende congressuali di questi giorni, sembra stiano diventando una specialità della casa. Risultato: affluenza al 35% e vittoria dei populisti.
A Milano alle scorse elezioni sia la destra sia la sinistra avevano candidati credibili; la città è amministrata, bene, dalla sinistra da sei anni ed era amministrata, meno bene ma senza disastri, dalla destra da tempo immemorabile. Risultato: Movimento cinque stelle al 10 % e affluenza in calo, ma comunque molto oltre il 50%.
La crescita del populismo allontana i cittadini dalla politica e questo alimenta il populismo, in una spirale di degenerazione democratica che a Napoli non sembra avere fine. Ma perché è accaduto qui e non a Milano? Perché a Napoli non si riescono a esprimere una classe e un progetto politico seri da anni e Milano, che governi la destra o la sinistra, riesce sempre a garantire, naturalmente con alti e bassi, un ricambio della classe politica e dei programmi?
Se, come si dice, le classi dirigenti sono l’espressione della società, allora forse è sulla differente struttura sociale che bisogna riflettere. A Napoli falliscono il Comune e le sue società, mentre Milano probabilmente lunedì si vedrà assegnare dalle istituzioni europee la sede dell’Agenzia europea del farmaco. A Napoli non c’è più Galassia Gutenberg, mentre a Milano questo week end c’era Book City e in primavera ci sarà la fiera del libro che, prima ancora di nascere, già contende il primato nazionale a quella di Torino. A Napoli il welfare è azzerato, mentre a Milano nasce la Fondazione di Comunità per raccogliere fondi da destinare a progetti sociali.
Sono solo pochi esempi, ma danno il senso del fatto che una società sana e organizzata come quella milanese, dove c’è il libero mercato, ma ci sono anche cultura, servizi e solidarietà, riesce a elaborare progetti politici e a selezionare classe dirigente. Viceversa la società napoletana, che si sta sfaldando sul piano economico e civile da molti anni, seleziona un’avventura populista di cui sta oggi pagando il conto.
Naturalmente sono realtà molto diverse, ma il punto è che la politica è espressione di una struttura sociale e Napoli ha smarrito il suo modello. L’economia basata sul danaro pubblico è finita, e non tornerà per ovvie ragioni macroeconomiche, ma la cultura della classe politica è ancora legata a quel modello assistenzialista che non può più trovare soluzione a niente, forse neanche più alla propria sopravvivenza, non avendo più risorse da distribuire.
Il futuro politico della città, allora, non può che passare per l’elaborazione di un nuovo modello, di una nuova idea di città, di nuove relazioni economiche e civili che devono strutturare la società napoletana. Partendo da un progetto, da una visione della città e del suo ruolo nel mondo, anche a Napoli, che è ancora bellissima, vitale e piena di risorse culturali ed economiche, si può selezionare una classe dirigente e un progetto politico che le alchimie di partito non riescono più a mettere insieme, alimentando solo il fuoco del ribellismo.