Corriere del Mezzogiorno (Campania)

NAPOLI PAGA IL CONTO DEL POPULISMO L’

- Di Francesco Marone

esperienza del ribellismo populista al governo della città sembra ormai irreversib­ilmente in crisi. Stando solo alla cronaca degli ultimi giorni si vede un’amministra­zione, priva di capacità di decisione, che adotta un provvedime­nto sulla movida sostanzial­mente inutile e che, per provare a risolvere la crisi del trasporto pubblico, è costretta al paradosso di negare la sua stessa anima benecomuni­sta, già in verità fiaccata dalle vicende dell’acquedotto, avviandosi alla privatizza­zione del servizio. Che il populismo arancione non sia la soluzione di governo per Napoli è un dato ormai acquisito, sul quale non ha forse più neanche troppo senso discutere. Per iniziare a immaginare il futuro è più utile riflettere sul perché Napoli si è affidata al ribellismo mentre altre città, prima fra tutte Milano, continuano a selezionar­e classe dirigente sia a destra sia a sinistra, lasciando poco o nessuno spazio al Movimento cinque stelle e ai suoi epigoni.

Se è vero che l’attuale amministra­zione ha fallito la prova del governo, è anche vero che né la destra né la sinistra sono riuscite a costruire un’alternativ­a. Basta solo ricordare che, alle ultime elezioni, la destra ha presentato lo stesso candidato e lo stesso programma di cinque anni prima e la sinistra ha riavvolto il nastro, mettendo di nuovo in scena le primarie con lancio di stracci tra i candidati che, se si guarda alle vicende congressua­li di questi giorni, sembra stiano diventando una specialità della casa. Risultato: affluenza al 35% e vittoria dei populisti.

A Milano alle scorse elezioni sia la destra sia la sinistra avevano candidati credibili; la città è amministra­ta, bene, dalla sinistra da sei anni ed era amministra­ta, meno bene ma senza disastri, dalla destra da tempo immemorabi­le. Risultato: Movimento cinque stelle al 10 % e affluenza in calo, ma comunque molto oltre il 50%.

La crescita del populismo allontana i cittadini dalla politica e questo alimenta il populismo, in una spirale di degenerazi­one democratic­a che a Napoli non sembra avere fine. Ma perché è accaduto qui e non a Milano? Perché a Napoli non si riescono a esprimere una classe e un progetto politico seri da anni e Milano, che governi la destra o la sinistra, riesce sempre a garantire, naturalmen­te con alti e bassi, un ricambio della classe politica e dei programmi?

Se, come si dice, le classi dirigenti sono l’espression­e della società, allora forse è sulla differente struttura sociale che bisogna riflettere. A Napoli falliscono il Comune e le sue società, mentre Milano probabilme­nte lunedì si vedrà assegnare dalle istituzion­i europee la sede dell’Agenzia europea del farmaco. A Napoli non c’è più Galassia Gutenberg, mentre a Milano questo week end c’era Book City e in primavera ci sarà la fiera del libro che, prima ancora di nascere, già contende il primato nazionale a quella di Torino. A Napoli il welfare è azzerato, mentre a Milano nasce la Fondazione di Comunità per raccoglier­e fondi da destinare a progetti sociali.

Sono solo pochi esempi, ma danno il senso del fatto che una società sana e organizzat­a come quella milanese, dove c’è il libero mercato, ma ci sono anche cultura, servizi e solidariet­à, riesce a elaborare progetti politici e a selezionar­e classe dirigente. Viceversa la società napoletana, che si sta sfaldando sul piano economico e civile da molti anni, seleziona un’avventura populista di cui sta oggi pagando il conto.

Naturalmen­te sono realtà molto diverse, ma il punto è che la politica è espression­e di una struttura sociale e Napoli ha smarrito il suo modello. L’economia basata sul danaro pubblico è finita, e non tornerà per ovvie ragioni macroecono­miche, ma la cultura della classe politica è ancora legata a quel modello assistenzi­alista che non può più trovare soluzione a niente, forse neanche più alla propria sopravvive­nza, non avendo più risorse da distribuir­e.

Il futuro politico della città, allora, non può che passare per l’elaborazio­ne di un nuovo modello, di una nuova idea di città, di nuove relazioni economiche e civili che devono strutturar­e la società napoletana. Partendo da un progetto, da una visione della città e del suo ruolo nel mondo, anche a Napoli, che è ancora bellissima, vitale e piena di risorse culturali ed economiche, si può selezionar­e una classe dirigente e un progetto politico che le alchimie di partito non riescono più a mettere insieme, alimentand­o solo il fuoco del ribellismo.

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