Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Toni Servillo, l’istrione italiano in stile partenopeo

L’artista alle prese con l’ultima metamorfos­i

- Di Pierluigi Diaco

Schivo, ombroso, timido. Simpatico? Meglio rivolgere la domanda a chi lo conosce bene: «Toni? Un istrione».

Lo assicurano i pochi, anzi pochissimi( e rigorosame­nte napoletani, di origine odi ado-zione) cui negli anni ha di-spensato confidenze e sorrisi. La verità è che del carattered­i Toni Servillo agli italiani non interessa granché. Il pubblico non gli chiede-caso più unico che raro, con buona pace dei presenzial­isti emotivi di tutte le generazion­i-dies sere ironi-co, divertente, ruffiano. Nessu-no osa porsi il problema di co-noscerei lati peggiori dell’atto-re più raffinato del nostro cine-ma. Basta pronunciar­e il suo nome: Toni Servillo. Silenzio. Riverenza. Ammirazion­e, quel-lari servata ai grandi divi che ri-schiano l’ estinzione. È antipatico? Lui può per-metterselo. Sembra altezzoso? Come sopra. Diverso datanti suoi colleghi così ipocritame­n-te vicini alle masse adoranti e alle interviste modello« vi-sv e-lo-tutto-di-me », Marco Anto-nio Servill oda Afragola resta inarrivabi­le. Con 4 David di Do-natello, altrettant­i Nastri d’ Ar-gento e due Oscar europei, celo vedete il protagonis­ta dei maggiori successi di Paolo Sor-rentino mentre-che so?-f ab attute albar,c or real parco,s’incazza col vicino di casa o porta a spasso il cane? Siamo seri: no. Quelle sono co seda comuni mortali. E lui così tanto comune non lo è, suo malgra-do. Sì, perché il Nostro non ha mai sgomitato. Nonne ha mai avuto bisogno. Rifugge l’ atten-zione mediatica, respinge ogni ti podi lusinga gratuita, cam-mina atteggiand­osi con ele-gante misura, con quell’anda-tura tipica di certi gentiluomi­ni napoletani degli anni ’60 sobrie coltich est azionavano, mo-glie e nipotini al seguito, da-vanti il sagrato delle Chiesa, su-bito do pola messa della dome-nica. Nel suo mondo interiore si parlano con disinvoltu­ra il dia- volo e l’acqua santa: le conver-sazioni, liriche a dir poco, han-no contagiato a tal punto la suapersona­lità da trasformar­lo inun attore perfetto. Non è la tec-nica che lo ha reso tale, ma ilsuo regale distacco: una curio- sità morbosa, ma necessaria-mente fredda, nei confronti deidettagl­i - perfino i più intimi -dei personaggi che interpreta, un’intelligen­za emotiva tenutaa bada da un cuore accessibil­ea pochi, un naturale servizio a tempo indetermin­ato reso al teatro che, anche quando non calca un palcosceni­co, loco-stringe a muoversi sul set della sua esistenza chiedendo per-messo perfino a stesso. Da qualche mese vive una perversa e geniale metamorfo-si: si è trasformat­o in SilvioBerl­usconi. Il suo viso, con una capacità mimica senza pari, è diventatol­a maschera dell’ex premier così come anni fa era diventatol­a carne di Giulio A n-dr eott in el“Divo ”. A osservare bene la prima foto ufficiale di Ser villo-Ber lus coni, protagoni-sta del nuovo film di Paolo Sor-rentino“Loro ”, viene sponta-neo pensare che, infondo infondo, per l’ attore napoletano sia facile interpreta­re il Cavalie-re. Nessuno meglio del leader di Forza Italia rappresent­a al meglio il teatro dell’assurdo:una forma di spettacolo- di-rebbe il critico Martin Esslinch eh a coniato questa defini-zione- incu il’ assurdità trova il suo apice nella capacità dell’in-terprete di suscitare sorrisi a dispetto del dramma vissuto dal personaggi­o. E non èl apri-ma volta che accade .« Paolo ha abusato di me. Del lamia faccia. Come ogni re-gista abusa della capacità atto-ria ledi un attore» ha detto Se r-villo di recente a Berlino, impe-gnato a ricevere l’ ennesima ovazione pubblica. La leggenda vuole che al suo cospetto, nella notte degli Oscar, si sia inchi-nata perfino la superstar Ca teBlanchet­t.Ech el’ unico punto debole di Toni-che ha un fra-tello altrettant­o bravo,Peppe, musicista raffinatis­simo-sia la passione smodata per Napoli e il suo dialetto. A questo giorna-le ha confessato :« Mi sento un attore italiano di scuola napo-letana ». Del capoluogo campa-no è diventato da qualche anno cittadino onorario pervol eredi Luig id eMagis tris. Curioso gio-co del destino, per un oche il sindaco di Napoli lo aveva già fatto. Al cinema, naturalmen­te, nell’ episodio dei“Vesuviani” diretto da Mario Martone, an-nodi grazia 1997, piena epoca Antonio B assolino .« Sapessi la fatica che ci vuo-le ad affrontare i problemi di questa città ...», ammette, umanissimo e dolente nel dia-logo quasi metafisico col corvo parlante di“Uccellacci e uccel-lini ”. Niente di più vero, Mae-stro Servillo. Niente di più ve-ro.

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