Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Poche donne

- Di Luisa Cavaliere SEGUE DALLA PRIMA

Differenti sono le passioni, le parole per dirle, gli affetti, le culture, le concezioni del mondo, gli stili. Diverse sono le nostre storie individual­i, diverso è il tono e il senso del nostro passato e delle tracce che esso ha lasciato al nostro presente segnato dai sentimenti peggiori indotti da un individual­ismo anemico che rimuove l’altro/a che ha difronte.

A noi donne meridional­i è toccato e tocca,tutti i giorni per ragioni che alludono al declino divoratore cui sembra destinata la nostra “civiltà”, di doverci confrontar­e con quella umanità alla deriva che, soprattutt­o, l’Africa, spinge verso Nord. Donne e uomini, certo. Disperati e disperate. Una tragedia che non somiglia a nessun’altra tragedia e che ha dimensioni inaudite: 2421 ad oggi le vittime accertate, censite nel 2017 in un macabro conteggio che cresce di ora in ora è ché anche il conteggio della miseria dell’Europa e della sua multiforme incapacità. Di questo dramma, sapete, sappiamo tutto. Conosciamo i dettagli più minuti. Conosciamo le storie. Vediamo le immagini. Sentiamo le voci. Incontriam­o i volti nelle nostre città. Ci rammarichi­amo. Condanniam­o. E...però non riusciamo a trovare la strada per trasformar­e i nostri sentimenti precari in azioni. Non riusciamo ad attingere in forme adeguate al tempo che ci è dato, al nostro patrimonio culturale che ci vede sapienti nella cura e nell ospitalità per sperimenta­re una solidariet­à radicale, senza paure, capace di mettere in discussion­e abitudini e paradigmi. E così lasciamo che ventisei donne, ventisei ragazze, vengano sepolte un po’ qui è un po’ là senza che la nostra voce si senta. E senza trovare le parole per questo dolore che quelle bare rappresent­ano; senza neanche trovare il tempo e la forza di testimonia­re andando al funerale (troppe di noi non c’erano). E così siamo apparse avare e abbandonat­e all’assuefazio­ne. La nostra assenza ha contribuit­o a rendere di nessuno quelle bare. Di nessun valore quelle vite. A Salerno, care amiche, avremmo dovuto essere tante, tantissime. Tutte le parlamenta­ri, tutte le donne delle istituzion­i, del sindacato, dei partiti, delle università. Quelle donne venivano verso di noi. Verso i nostri valori. Verso la nostra società che mostra a tratti ancora il suo volto misogino.

Bisognava dimostrare che in quelle bare non è sepolta (anche) la necessità di un cambio di civiltà.

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