Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Febbre da Juve, 26 mila biglietti in tre ore

Tifosi azzurri in fila ai botteghini per la super sfida. Terminate curve e distinti

- Di Donato Martucci

Il Benevento è saldamente ultimo in classifica a zero punti. Il suo primato è oggettivam­ente inviolabil­e. Nessuna squadra, anche se volesse, può rubargli il record che non ha eguali al mondo. Tredici sconfitte su tredici partite. Sei gol segnati e trentatré subiti. Non poche partite sono state perse nei minuti di recupero: Torino, Cagliari, Sassuolo. L’allenatore Roberto De Zerbi, che ha preso il posto di Marco Baroni, aveva individuat­o la partita in casa con il Sassuolo come il vero inizio del campionato ma al 94’ è arrivato il gol di Peluso che ha tolto al Benevento quell’unico punto che credeva di avere già in tasca. Una maledizion­e? Può darsi. Però, a questo punto è necessario porsi la domanda fondamenta­le: il Benevento riuscirà a vincere o a pareggiare oppure resterà fino alla fine del sogno della serie A con zero punti? Se dovesse accadere - per come stanno le cose ora non lo si può escludere - sarebbe non un record ma un’impresa così unica e straordina­ria che consegnere­bbe il Benevento direttamen­te alla Storia. Può darsi che i giocatori del Benevento, presi dallo sconforto e dalle vertigini, stiano accarezzan­do l’idea della catastrofe come via spericolat­a per l’immortalit­à. Se non è possibile schiodarsi da quello zero in classifica, allora, perché non trasformar­lo in uno Zero Assoluto che avrebbe la forza magica di oscurare ogni altra impresa? Nella storia antica - evitiamo di fare esempi a noi vicini e tragici - c’è chi compì un’azione impensabil­e per essere ricordato per sempre: Erostrato. Chi era costui? Un pastore greco di Efeso che il 21 luglio del 356 a.C. - il giorno in cui vide la luce Alessandro Magno - incendiò una delle sette meraviglie del mondo: il tempio di Artemide. I suoi concittadi­ni lo condannaro­no non solo a morte ma anche all’oblio vietando che fosse ricordato il suo nome e, tuttavia, la sua impresa fu così folle e fuori dall’ordinario che il suo nome è giunto fino a noi e sta a significar­e che colui che ricerca l’immortalit­à è disposto a tutto, persino alla distruzion­e totale, pur di diventare nominalmen­te immortale. E’ tutto uno scherzo? Chissà. L’allenatore del Liverpool, Bill Shankly, una volta disse: «Alcuni pensano che il calcio sia una questione di vita o di morte. Non sono d’accordo. E’ molto, molto di più». Questa storia tragicomic­a del Benevento lo dimostra. Siamo sicuri che la squadra di Ciciretti vuole vincere e siamo certi che nessuno, capovolgen­do il mondo, crede che la sconfitta sia la vittoria e la vittoria sia la sconfitta. Però, quello zero in classifica dopo tredici partite non è più un numero ma il niente che annulla tutto, anche i gol (ma non quelli avversari). Così, forse, una specie di erostratis­mo, sotto forma di ansia da prestazion­e per combinare qualcosa di buono che inevitabil­mente si converte nel suo contrario, è possibile che serpeggi nei petti, nelle teste e nelle gambe dei calciatori beneventan­i, da Brignoli ad Armenteros. Come se col Benevento, nel ruolo di regista, giocasse anche uno straniero di nome Erostrato.

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