Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La biochimica trasforma l’olio di frittura Così nascono protesi e valvole cardiache
Lo studio è stato realizzato dai ricercatori dell’Università Federico II Vastano: «In laboratorio funziona, cerchiamo fondi per creare una startup»
NAPOLI
Può l’0lio di frittura esausto scartato dai ristoranti essere utilizzato per la realizzazione di protesi e valvole cardiache? Sembra paradossale ma, secondo gli esperimenti condotti da un gruppo di giovani chimici e biotecnologici dell’Università Federico II di Napoli, la ricerca potrebbe diventare anche un progetto industriale. Infatti il gruppo di lavoro ora punta a sviluppare l’idea su scala industriale con la creazione di una startup. «Dopo i risultati molto promettenti ottenuti in laboratorio - ha spiegato il biochimico Marco Vastano - ora stiamo cercando finanziamenti».
La ricerca in modo particolare è stata presentata a Milano in occasione del Circular Bieconomy Arena Meeting, un workshop nato in modo particolare per promuovere l’incontro e la discussione tra coloro che fanno ricerca e sviluppano applicazioni nel campo delle biotecnologie industriali. L’iniziativa milanese è stata promossa dal cluster nazionale della chimica verde Spring con Assobiotec e Gruppo Intesa Sanpaolo ed ha l’obiettivo di fare incontrare imprese e progetti innovativi alla ricerca di capitali con gli investitori finanziari e corporate di tutto il mondo. In cosa consiste la ricerca? «In pratica l’olio di frittura esausto scartato dai ristoranti si può trasformare in una plastica biodegradabile e biocompatibile ideale per la produzione di imballaggi alimentari e perfino di protesi, valvole cardiache e adesivi per suture», ha raccontato il biochimico Marco Vastano.
Che ha aggiunto: «Dopo i risultati molto promettenti ottenuti in laboratorio stiamo cercando finanziamenti per validare il nostro processo in ambito industriale». L’obiettivo, ha proseguito il ricercatore partenopeo, «è dare valore a quell’olio alimentare esausto che non viene riutilizzato per la produzione di biodiesel a causa dell’elevato contenuto di acidi grassi, difficili e costosi da eliminare».
Per superare questo ostacolo, i ricercatori dunque hanno pensato di sfruttare la fermentazione operata da alcuni batteri del suolo, «che consente di eliminare gli acidi grassi dando olio pulito (utile per la produzione di biodiesel) e una bioplastica biodegradabile e biocompatibile utilizzabile per il packaging e anche per produrre dispositivi biomedicali», ha esclamato ancora Marco Vastano sottolineando che «il processo è a basso costo e modula- bile in modo da ottenere prodotti con caratteristiche personalizzate in base alle richieste del cliente».
La bioeconomia è un mercato che vale in Italia oltre 251 miliardi di euro e dà lavoro a circa 1,7 milioni di persone. Su scala europea, invece, la bioeconomia vale intorno ai 2,2 trilioni di euro per 19 milioni di posti di lavoro. Numeri destinati a crescere in futuro, visto che l’Unione Europea ha da tempo posto la bioeconomia al centro del proprio modello di crescita sostenibile. Un comparto che valorizza molti talenti, anche del Sud. «Per consentire alla bioeconomia di crescere – ha detto Giulia Gregori, segretario generale del Cluster Spring e componente del Comitato di presidenza di Assobiotec – è fondamentale rafforzare e accelerare lo sviluppo su scala industriale delle tecnologie mediante un supporto finanziario adeguato». Il segretario generale Giulia Gregori così ha concluso: «Questo significa diversificare strategicamente il rischio connesso al cosiddetto scale-up, con adeguate misure tanto a livello europeo quanto a livello italiano. Inoltre, è necessario un meccanismo di incentivazione per le grandi società che vedono nella collaborazione con le startup che portano nuove tecnologie sul mercato una leva per l’espansione della bioeconomia».