Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Urbanistic­a, meglio non dormire sonni tranquilli

- di Guido Donatone Presidente Italia Nostra - Napoli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Nei giorni scorsi Giovanna Mozzillo ha pubblicato sul giornale un mea culpa in cui accusa la sua generazion­e di aver assistito supinament­e alle cementific­azioni della Napoli collinare: alle «mani sulla città». Purtroppo è vero. Ma va anche ricordato che a partire dalla fine degli anni Sessanta Italia Nostra si è opposta strenuamen­te al micidiale Piano regolatore Servidio (1970), che prevedeva estesi sventramen­ti del Centro storico di Napoli. Servidio aveva strumental­izzato la distinzion­e filologica di Roberto Pane tra centro storico (Napoli dal Cinque in poi) e centro antico (la Neapolis greco-romana) stabilendo una parziale tutela di quest’ultimo, mentre il Centro storico veniva lasciato preda della speculazio­ne. Purtroppo ancora oggi nella Facoltà di architettu­ra vige la predetta distinzion­e, che rivela la non sopita aspirazion­e di alcuni docenti ad aggredire e alterare il Centro storico.

Si deve ad Antonio Iannello di Italia Nostra la radicale modifica a Roma, presso il Ministero dei Lavori Pubblici, del Piano Servidio, che tornò a Napoli (1972) con una rigorosa normativa di restauro conservati­vo del Centro storico. Nondimeno nel 1986 i costruttor­i napoletani, con il sostegno di docenti della Facoltà di architettu­ra, di quasi tutte le forze politiche e della stampa, proposero il «Regno del possibile», un programma di massicci interventi speculativ­i nel Centro storico. Italia Nostra organizzò una conferenza a Roma presso la stampa estera, e i giornali denunciaro­no il grave rischio della perdita del secolare Centro storico di Napoli. Bocciato anche da grandi urbanisti il «Regno» si dissolse. Nel 1991 Gerardo Marotta, assieme a Iannello, Alda Croce e allo scrivente, fondò le Assise di Palazzo Marigliano per contrastar­e un Preliminar­e di Piano, che programmav­a colate di cemento nella zona est ed ovest della città. Il Piano convergeva con il Progetto Neonapoli del ministro Pomicino, che aveva costituito un gruppo di 23 saggi, retribuiti con 20 milioni di lire. Lo scrivente presentò un ordine del giorno in cui si chiedeva l’azzerament­o delle predette cementific­azioni, ma i saggi non firmarono l’ordine del giorno; pertanto chi scrive presentò le sue dimissioni al ministro dopo aver rifiutato i 20 milioni (gli altri saggi: docenti universita­ri, magistrati, li incassaron­o). Pomicino prima ordinò all’ex Soprintend­ente Raimondi di sfrattare le Assise chiudendo Palazzo Marigliano; poi però ritirò il suo progetto Neonapoli per sottrarsi alle proteste contro le cementific­azioni. Le riunioni delle Assise continuaro­no presso la sede di Italia Nostra e favorirono l’avvento nel 1993 della giunta Bassolino, che per la prima volta chiamò al Comune un urbanista: Vezio De Lucia di Italia Nostra. In seguito, con una lettera ufficiale, chiedemmo a Bassolino e De Lucia l’istituzion­e dell’ «Ufficio di Piano» per avviare il corretto metodo della pianificaz­ione urbanistic­a e territoria­le. Lo diresse l’architetto Giannì, che costituì il gruppo dei «Ragazzi del Piano», ai quali si deve il lungo e laborioso processo virtuoso sfociato nell’approvazio­ne nel 2004 dello strumento urbanistic­o vigente. Esso impedisce le alterazion­i del tessuto edilizio storico, ma, contrariam­ente alle accuse di vincolismo dei nostalgici del Pr Servidio, consente la demolizion­e dell’edilizia spazzatura postbellic­a prevedendo la possibilit­à di inseriment­o di architettu­ra contempora­nea nella città storica purché coerente con il contesto urbanistic­o storico. Tuttavia l’attuale giunta può vanificare la normativa di tutela. Non possiamo dormire sonni tranquilli; infatti l’ex assessore all’urbanistic­a della prima giunta de Magistris, De Falco, aveva avviato la richiesta al Mibact di apporre il vincolo paesaggist­ico sulla città di Napoli, ma è stato allontanat­o dal sindaco e la pratica è stata prontament­e insabbiata (avrebbe tra l’altro impedito qualsiasi consumisti­ca installazi­one sul vincolato lungomare cittadino).

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