Corriere del Mezzogiorno (Campania)
AREA FLEGREA, IL MASTERPLAN DELLA SVOLTA
Nella lunga esperienza maturata nel Bel Paese, è ormai acquisito che Il paesaggio vada concepito come un complesso costrutto «bioculturale», espressione di elementi culturali e naturali, sedimentazione del passato, di idee di futuro, di valori simbolici ed elementi fisici. Un patrimonio da curare per lo sviluppo e non da difendere dallo sviluppo, che accoglie pratiche tra loro molto diverse, talvolta anche devastanti, come purtroppo è accaduto e accade nella nostra regione, con effetti che chiedono di essere responsabilmente sanati. Cosa tutt’altro che semplice. La elaborazione della pianificazione paesaggistica in Campania si è rivelata storicamente laboriosa, incerta, nel rapporto tra responsabilità politiche, amministrative, tecniche e interessi. Così a questa acquisizione culturale raramente sono seguite politiche pubbliche proporzionate. Si deve quindi guardare con attenzione all’iniziativa della Regione Campania di redazione del Piano Paesaggistico, la cui organizzazione è stata deliberata dalla Giunta il 28 dicembre 2016, prevedendo anche un «insieme di progetti rivolti alla riqualificazione urbana e territoriale, al riuso di spazi degradati, al riammagliamento di tessuti edilizi sfrangiati, alla ricostruzione di nuovi paesaggi e all’uso razionale di spazi periurbani». Ma anche alla redazione di un masterplan per la valorizzazione e riqualificazione dell’area domizio-flegrea comprensiva di 14 comuni della Città metropolitana di Napoli e della Provincia di Caserta. Vengono fusi così due percorsi distinti.
Il primo riferito all’obiettivo strategico individuato nel novembre 2015 con il Documento di Economia e Finanza Regionale, concernente una riqualificazione del litorale campano da conseguire integrando la protezione della costa e il disinquinamento marino con l’ampliamento e l’ammodernamento delle strutture turistico- ricettive, all’interno di un masterplan comprensivo sia del litorale domizio-flegreo che del litorale del golfo di Salerno.
Il secondo percorso riguarda il piano paesaggistico, di cui all’intesa istituzionale con il Mibact firmata il 14 luglio 2016 limitatamente ai beni paesaggistici previsti dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (art. 143). Un piano di cui si avverte l’esigenza nella direzione di una conservazione attiva, che l’amministrazione regionale dovrebbe concludere senza indugi, superando finalmente l’indecisione della precedente. E svolgendo parallelamente le misure previste dalla Convenzione Europea del Paesaggio del 2006, tra cui quelle molto impegnative, se non vogliono restare aspirazioni astratte, di sensibilizzazione, di formazione ed educazione sociale.
I due percorsi richiamati sono stati unificati, assumendo il masterplan domizio-flegreo come un’anticipazione operativa del piano paesaggistico, considerato non come un piano unitario, ma — secondo l’espressione impiegata dall’assessore regionale responsabile della pianificazione territoriale — come «un puzzle che si compone progressivamente». Il suo preliminare, indispensabile per assicurare una visione complessiva, dovrebbe arrivare a ultimazione il 6 gennaio prossimo.
Il collegamento realizzato fa coincidere l’area interessata dal masterplan con uno dei 6 ambiti operativi omogenei individuati nel piano, tenendo conto delle caratteristiche geografiche del territorio e degli studi Ispra, quello della Campania costiero nord, che comprende il Basso Garigliano, il Litorale Domizio, la Piana di Carinola, la Piana del Volturno, la Pianura flegrea, i Campi Flegrei.
Appare quindi interessante l’incontro che si è svolto ieri presso la sede dell’Associazione costruttori edili di Napoli per discutere il masterplan dell’area domizio-flegrea di ieri. Ora, pur apprezzando l’attivismo dell’Acen, si attende che la Regione dia attuazione ai propositi dichiarati di favorire la partecipazione e le osservazioni al Piano, assumendo i compiti assai impegnativi d’istituire una Conferenza permanente di pianificazione e un Osservatorio regionale per il paesaggio. Disponendosi cioè a sostenere in maniera non retorica, ma adeguatamente preparata e tecnicamente assistita, la partecipazione.
Il piano Si avverte l’esigenza di una conservazione attiva, che la Regione dovrebbe concludere senza indugi