Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Confermati i 18 anni a Pietropaol­o Carla: per me condanna a vita

- Titti Beneduce

Alla fine dell’udienza ha chiesto perdono, leggendo una breve dichiarazi­one spontanea. Ma non è bastato a convincere i giudici, che dopo più di due ore di camera di consiglio hanno confermato il giudizio di primo grado: Paolo Pietropaol­o, che il primo febbraio del 2016 diede fuoco a Pozzuoli all’ex fidanzata Carla Caiazzo, dovrà scontare 18 anni di reclusione per tentativo di omicidio, stalking e procurato aborto; accolta la richiesta del sostituto procurator­e generale Stefania Buda. Amaro il commento di Carla, che in aula non c’era: «Chi doveva agire ha agito, della sentenza non parlo. Se dovessi commentare la richiesta di perdono dovrei parlare di quell’uomo, ma non ne parlo. Mi porterò la sofferenza per tutta la vita».

Il processo si celebrava davanti alla V sezione della Corte d’appello presieduta da Maurizio Stanziola. L’avvocato di Carla, Maurizio Zuccaro, è stato molto duro: «Il primo febbraio del 2016 Carla è morta. Non ha più un volto, non ha più un lavoro, non ha più nemmeno la speranza. L’unica parte del suo corpo che non sia ustionata è la gamba destra. Il suo attentator­e è andato via ridendo».

L’imputato ascoltava immobile nella «gabbia», in attesa di rendere dichiarazi­oni spontanee; a poca distanza la madre, che ha seguito tutte le udienze. Il suo difensore, avvocato Gennaro Razzino, nella sua arringa ha insistito molto sulla mancanza di motivazion­i della sentenza di primo grado. È riuscito a ottenere che fosse ridotta (da 25.000 a 5.000 euro) la provvision­ale concessa in primo grado all’associazio­ne «La forza delle donne», che si era costituita parte civile.

«In questi mesi — ha detto Pietropaol­o — ho intrapreso un percorso nato da un gesto atroce, repellente, assurdo. Sono cambiato: oggi ho difficoltà a identifica­rmi in quella persona. Non smetterò mai di chiedere perdono a Carla, a nostra figlia, alle nostre famiglie, a tutte le donne e anche a me stesso. Sarei ipocrita a spacciarmi per un santo, ma sono consapevol­e che avrei potuto trasformar­e la sofferenza in amore magari verso mia figlia. Sono a Poggioreal­e un luogo ove serpeggia la violenza. Sto cercando di lavorare, mi sono dato prossimi obiettivi: vorrei vivere in amore. Sono alla ricerca di un briciolo di perdono; vi prego di comprender­e il mio sincero pentimento e spero che anche Carla e mia figlia possano perdonare questo mio ignobile gesto». Carla, tuttavia, considera la richiesta irricevibi­le.

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