Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Brian Griffin, il fotografo delle rockstar «Mi piace il suono magico di questa metropoli»
Brian Griffin porta a Napoli le sue foto delle star della musica. «Mi mancano gli anni ‘70»
«Imigliori soggetti da fotografare? Kate Bush, Iggy Pop e Lene Lovich. Artisti molto collaborativi, bravi ad ispirarti e a eseguire gesti adatti alla composizione. I più difficili? Direi i Talk Talk, che avevano sempre la testa altrove, ma anche i Depeche Mode, ragazzini di 17 anni, a cui dovevi spiegare bene cosa fare».
Brian Griffin, il fotografo più gettonato dalla New wave, dal Post punk e dal New romantics, ricorda così alcune delle rock star immortalate tra la fine degli anni ’70 e la fine degli ’80. In questi giorni è a Napoli per una mostra monografica, estratta dal suo libro intitolato «Pop», appena pubblicato dalla Ebs. L’inaugurazione è per oggi alle 19, negli spazi di Magazzini Fotografici, una galleria che ospita anche corsi e workshop con ospiti italiani e stranieri, aperta da due anni in via San Giovanni in Porta (Largo Avellino) nel cuore del centro antico napoletano. Un luogo, al cui fascino nemmeno Griffin è riuscito a sottrarsi. «È la prima volta che sono davvero qui», spiega sorseggiando l’ennesimo caffè, «in passato ci ero stato solo per imbarcarmi per Ischia o per le isole Eolie. E devo dire che è un’esperienza fortissima, una città diversa dalle altre in Italia, un cortocircuito fra occidente e oriente molto potente, forse per il suo famoso Vesuvio». Un cane guaisce in lontananza mentre suonano le campane di una chiesa della zona, e anche l’artista inglese lancia un guaito di richiamo e sorride: «Qui c’è un’atmosfera che mi piace molto, fuori e dentro lo spazio espositivo (guarda le volte gotiche dei Magazzini) perché c’è un suono magico». E, vista l’esperienza accumulata in tanti anni di lavoro con band e solisti rock, c’è sicuramente da crederci. Il suo obiettivo ha infatti accompagnato la storia del sound giovanile a cavallo di due decenni fondamentali del rock, scattando foto per copertine e banner di concerti. Ma perché un libro e una mostra? «Non è stata una mia iniziativa, ma alla fine credo che una ricognizione ampia ripresa da 164 copertine di dischi e ben 100 fra band e solisti, dal 1977 e fino all’ultima foto del 2014 dedicata a un mito come Robert Fripp dei King Crimson, meritasse una pubblicazione. Peraltro introdotta dai testi due scrittori come Terry Rawlings e Paul Gorman, a cui è toccato il compito di ricostruire il clima di quegli anni». Del volume qui in mostra ci sono 33 scatti (quanti i giri di un Lp) che vanno dall’Elvin Costello di «Armed forces» del ’78 al Joe Jackson di «Look Sharp» (quello delle famose scarpe bianche a punta) del 1979, e ancora all’Iggy Pop di «Soldier», una delle poche su cui Griffin ha messo il colore, al Brain Eno del 1990. E ancora John Foxx, Ultravox, Placebo, Echo and the Bunnymen, Devo, King Sunny Adé e così via. «Ho iniziato a fotografare le band intorno al ’77 e sono andato avanti con piacere fino alla fine degli anni ’80. Quando cioè si è passati dall’analogico al digitale, il che ha un po’ ridotto la mia fantasia artigianale di pittore mancato. Poi girava sempre più droga (e nel mio studio era vietato introdurla) e sono subentrate le presenze asfissianti di art director, manager, stilisti e così via, messi al seguito delle band dalle rispettive produzioni. Averli fra i piedi era fastidioso e pregiudicava il rapporto diretto fra me e i musicisti, la mia forza negli anni di lavoro nel mio studio alle Docklands di Londra».
Di quegli anni a Brain manca soprattutto il clima culturale. «Nella maggior parte dei casi era una musica che non amavo molto. Ho sempre preferito l’elettronica, ma era interessante seguire questo mondo, i suoi personaggi, i loro comportamenti e le tendenze, un po’ come altri colleghi illustratori, avevano fatto nei primi anni ’70. Penso a Roger Dean o ancor prima a Jann Haworth e Peter Blake, autori della copertina di “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles, la più bella che sia stata mai realizzata».