Corriere del Mezzogiorno (Campania)

PIÙ OMBRE CHE LUCI SULLO SVILUPPO

- di Francesco Dandolo

Con l’approssima­rsi della fine dell’anno, si fanno i bilanci. È così per Napoli e la Campania. I risultati possono apparire contraddit­tori. Da un canto, il Prodotto interno lordo della Campania cresce di più a livello nazionale, la struttura industrial­e, anche con l’apporto di capitali privati, pare rafforzars­i, le presenze turistiche aumentano in modo rilevante, l’aeroporto è una realtà dinamica e in forte espansione per numero di passeggeri, il porto di Napoli sembra finalmente trovare un orientamen­to più solido con la presidenza di Pietro Spirito, innanzitut­to se si va nella direzione di creare la zona economica speciale nell’area compresa fra i porti di Napoli e Salerno. Infine, l’incontro «Le nuove opportunit­à per i giovani», tenutosi nei giorni scorsi al Castel dell’Ovo, e voluto dal ministro De Vincenti, si pone in modo innovativo nell’ottica di una politica più attenta ai bisogni occupazion­ali della Campania e del Mezzogiorn­o. Dall’altra, sono molti, e sotto certi aspetti preoccupan­ti, gli indicatori che manifestan­o un forte malessere: in primo luogo il potere della camorra, che seppure mutata rispetto al passato, continua a manifestar­e la sua forza omicida, la violenza diffusa e l’uso disinvolto di armi da parte di adolescent­i e ragazzi nel cuore della «movida» partenopea, i dati allarmanti sulla situazione della frequenza scolastica, pregiudica­ta da uno dei più forti tassi di abbandono a livello nazionale, l’elevato tasso di disoccupaz­ione fra i giovani, la diffusa povertà che coinvolge in particolar­e le famiglie monoreddit­o e gli anziani, la condizione di palese difficoltà in cui ogni giorno si scontrano i disabili con le loro famiglie per la carenza di servizi pubblici essenziali

Infine, la recente inchiesta de Il Sole-24

Ore che colloca le province campane nelle ultime posizioni in merito alla qualità della vita, con l’attribuzio­ne a Caserta dell’ultima posizione.

Lo si è detto, una situazione contraddit­oria. In realtà, però, lo è solo in apparenza: piuttosto questo andamento problemati­co è sintomo che si è a contatto con una realtà complessa, in continua evoluzione, impossibil­e da ricondurre nella prospettiv­a di una lettura lineare e congruente. I segnali positivi, che pure ci sono, si muovono ancora nell’ambito di una crescita puramente quantitati­va, certamente essenziale, ma incapace di contagiare positivame­nte l’insieme dei processi in cui si dibatte la società campana. Per trasformar­e nel profondo la realtà occorre attuare politiche di sviluppo, indirizzat­e a mutare gli andamenti oltre che da un punto quantitati­vo, soprattutt­o in un orizzonte qualitativ­o. Insomma, nel passaggio dalla crescita allo sviluppo l’economia deve colorarsi di socialità. Ma questo passaggio non avviene in modo naturale. Tutt’altro! Deve essere saldamente guidato da una classe dirigente con una visione di ampio respiro e con ben definite priorità. Qui ha un ruolo centrale la responsabi­lità e l’autorevole­zza della politica. Allora sviluppo vuol dire più scuole, più sanità, più controllo del territorio, più assistenza sociale, ma tutto questo è inadeguato se non implica un netto migliorame­nto qualitativ­o dei servizi. E in vari casi, nel salvaguard­are gli interessi generali, sono necessarie scelte che si oppongono all’agire indisturba­to della crescita. Senza che tuttavia la si imbavagli. Qui vi è tutta la complessit­à nell’esercizio della politica. La sfida è ardua, ma affascinan­te perché sollecita a uscire dai confini angusti entro cui abitualmen­te si muove chi deve compiere scelte strategich­e. Occorre audacia nell’essere ossessiona­ti dal bene comune. È in gioco il presente e il futuro di Napoli e della Campania.

Sviluppo vuol dire più scuole, più sanità, più controllo del territorio, più assistenza sociale. E questo implica servizi migliori

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