Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LE PERIFERIE DI LANZETTA «INVASE» DA IMMIGRATI
Peppe Lanzetta ha aggiornato il suo ustionante catalogo di situazioni, personaggi e vite marginali. La sua nuova raccolta di racconti, L’odio (edizioni CentoAutori), rende omaggio alla poetica dura delle banlieue del regista Mathieu Kassovitz, mutuando il titolo proprio dalla pellicola che vinse il Festival di Cannes nel ‘95. Come quel in film in bianco e nero, nei testi di Lanzetta la realtà è raccontata senza veli, tra ragazzine che si prostituiscono per poco o nulla e ragazzi che imitano le acconciature di Genny di Gomorra perdendo tempo il sabato sera su e giù per una sporca e desolata via Toledo invasa dai rivenditori di patatine fritte. Stavolta poi nell’universo dello scrittore napoletano irrompono con forza neri, gialli, mulatti, tutta una varia umanità che campa stentatamente e conduce misere esistenze, senza speranza proprio come i napoletani delle «palazzine», tra abitazioni abusive e voglia di prendersi qualcosa dalla vita, a tutti i costi. A questi nuovi personaggi, immigrati di tutte le nazionalità, spesso Lanzetta affida la parte più «filosofica» o «politica» delle sue narrazioni, con dialoghi magari un po’ improbabili ma comunque non privi di forza e di ironia. In alcuni racconti l’autore spinge il tasto del dramma, trattato con un registro formale lirico e intenso. In altri, prevale l’umorismo, sia pure nero. In generale, nonostante la materia sia già stata ampiamente affrontata dallo stesso autore nonché da numerosi altri, l’affresco della periferia in evoluzione resta una corda che Lanzetta riesce sempre a suonare con perizia. E nella generale impressione di destini senza luce, ci sono squarci improvvisi che regalano un sollievo momentaneo al lettore, come nella scena di James Senese che a notte fonda «esce sul balcone in mutande col suo sax...». Napoli può essere anche questo.