Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Un rosso Natale, peperone crusco rape e melagrana
I rischi delle mode in cucina. Non c’è cuoco che voglia darsi un tono, senza uno schizzo di barbe rosse proposte nel menu del ristorante
le scuole alberghiere, uno dei frutti più sensuali dell’autunno è stato straziato e disperso nel vano tentativo di dare un tono a piatti spenti e tristi. Oggi però «il verde melograno/ da’ bei vermigli fior» come lo cantava il Carducci che nella Toscana di Bolgheri doveva osservarne parecchi, viene riscoperto come succo. Acidulo, tannico come il vino e dolce, è ricco di vitamina C e di antiossidanti. Per estrarlo ci vuole uno spremiagrumi di quelli fatti come lo schiacciapatate, ma si può anche far rotolare il melograno con una leggera pressione tra il palmo della mano e un tavolo d’appoggio, sentendo scricchiolare e rompersi i chicchi al suo interno, per poi praticare una piccola incisione alla base del frutto e lasciar gocciolare il succo. In letteratura era considerato anche un simbolo di fertilità, senza dubbio di buon auspicio per le feste. Si usa perlopiù a crudo, a causa proprio di questa ricca presenza di antiossidanti che non reggono la cottura. Tuttavia resta un bellissimo – e costoso - elemento decorativo per i centrotavola. Cosa infine meriterebbe di essere recuperato per dare ancora colore al pranzo di Natale è il peperone crusco. Si cambia latitudine, si va al Sud, nel clima Mediterraneo, caldo e asciutto anche in autunno. Si tratta di un peperone essiccato, croccante e che non resta indigesto. Restiamo nell’ambito della cucina vegetariana o se preferite «di magro», ideale per osservare una vigilia cattolica. Una ricetta tradizionale, antica, tipica di Senise e delle finestre dei paesi dove gli anziani ancora oggi appendono i peperoni a essiccare. Ma ha una grande modernità in quel suo essere una sorta di snack da sgranocchiare, al posto di stuzzichini industriali prodotti con chissà cosa, basso di calorie e comunque vegetale e completamente naturale. Ha un nome onomatopeico, come solo il Mezzogiorno riesce a trovare giocando con l’italiano, andando a rappresentare quel crocchiare e scrocchiare del peperone sotto i denti, ma anche il colore tostato della crusca. Sono facili da trovare anche confezionati, ma se volete provarne tra i più tipici un indirizzo è l’Osteria al Borgo di Avigliano. Vanno accompagnati a un ultimo ingrediente, rosso anche lui: il vino. Che sulla tavola delle feste non dovrebbe mancare mai.