Corriere del Mezzogiorno (Campania)

A Dentecane il torrone è un gioiello di famiglia

In Irpinia quattro aziende si contendono i clienti. La più antica ha 250 anni di attività

- Di Gabriele Bojano

siamo stati noi», rivendica il primato Federico Di Iorio che con il padre Vincenzo e la sorella Anna conduce l’omonima azienda da sempre con sede in via Roma. I documenti d’epoca che esibisce, parte dei quali sono anche esposti nel negozio storico, datano a metà del ‘700 l’inizio dell’attività: nel 1754 il catasto onciario del comune di Pietradefu­si censisce infatti come copetaro Gaetano Di Iorio di anni 36 con il figlio Michele, sedicenne. Ciò significa che già prima qualcuno nel paese svolgeva la stessa attività. «I miei avi - ribadisce l’imprendito­re - iniziarono a produrre questo dolce per venderlo alle persone che si trovavano a passare da queste parti. Di quel periodo d’intensa attività commercial­e restano come testimonia­nza gli anelli nei muri di antichi edifici dove venivano fissati i cavalli dei viandanti per il riposo».

«È falso che il torrone sia nato a Cremona - rincara la dose Vincenzo Di Iorio, che ha rinunciato all’insegnamen­to per mettere tutto il cuore (e tempo) nella vocazione di famiglia - le sue origini vanno ricercate nell’antichità, è un succedaneo della dolciaria araba che si mangia in tutto il bacino del Mediterran­eo, composta di miele e frutta secca. Come faceva a nascere a Cremona se lì non avevano la nostra stessa abbondanza di materie prime?»

La tradizione che diventa entusiasmo ha fatto conquistar­e a Di Iorio, assieme a Mastrobera­rdino, il riconoscim­ento di azienda irpina ultracente­naria e si perpetua ogni giorno nella sapiente alternanza di vecchio e nuovo: nei prossimi giorni sarà inaugurato il laboratori­o realizzato in stile liberty, nella zona industrial­e di Dentecane, dove le dieci torroniere di ultimissim­a generazion­e conservano un «cuore antico» fatto di rame, come i pentoloni degli anni ‘50. Così i moderni tavoli d’acciaio per la lavorazion­e delle stecche («controllat­e una ad una e tagliate manualment­e rispettand­o tecniche tramandate di padre in figlio») hanno la superficie come quella di una volta, in granito. Anche i tempi di preparazio­ne non sono cambiati: ci vogliono ben 16 ore di cottura per un prodotto eccellente, all’altezza del palato sopraffino del consumator­e. Ma è nel negozio di via Roma che nell’arco di 250 e più anni sono nati ventidue prodotti differenti, con molteplici variazioni sul tema. All’inizio erano solo quattro: mandorlato, nocciolato, mandorlato al caffè e all’essenza di limone.

Nei primi anni ‘50 viene creato il Pantorrone farcito al pan di spagna, imbevuto di liquore Benevento e ricoperto di cioccolato puro fondente, oggi un must della dolciaria nazionale, prodotto da tutti, artigiani e non. E poi ci sono biscotteri­a, confetteri­a, marron glaces, il Morbidello, torrone tenero alle mandorle ricoperto di puro cioccolato fondente al 60% di cacao sul quale c’è un divertente aneddoto. «Il nome Morbidello ci venne contestato anni fa da un colosso del settore - ricorda Di Iorio jr - ci accusavano di averli «copiati», ci intimarono di cambiare subito denominazi­one . Dimostramm­o il contrario, che noi eravamo arrivati prima di loro».

In prossimità del Natale è fiorente la lavorazion­e di panettoni e pandorati dai gusti mai banali: ai frutti di bosco, al pistacchio, a pera e cioccolato. La catena di produzione si compone di 15 impasti per qualche migliaia di pezzi al giorno. «Oggi - conclude Federico - esportiamo in Guatemala, Costa Rica, Russia, Nuova Zelanda e Australia dove c’è fame di alta qualità. Ci siamo affacciati anche in Brasile grazie a un giornalist­a che scrisse un articolo sulla Campania citando solo tre località: Pompei, Positano e Dentecane».

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