Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Libero» di dire (anche) fesserie

- Di Maurizio de Giovanni

Napoli, salutame a soreta, titola assai brillantem­ente il giornale Libero (e non il libero giornale) nella sua pagina sportiva. Titola com’è costume di questo mirabile foglio a nove colonne, e il pensiero della maggioranz­a degli italiani va ai poveri alberi abbattuti e alle tonnellate di cellulosa che avrebbero meritato assai miglior destino, come per esempio le rotative della Scottex.

Napoli, salutame a soreta, titola il giornale suddetto, dimostrand­o tra le altre numerose deficienze (intese, absit injuria verbis, come mancanze di nozioni linguistic­he e lessicali) quella di non avere la minima cognizione dell’utilizzo del dialetto e delle sue forme; né di avere la più pallida idea di quanto e quando si usi l’espression­e, finalizzat­a come si sa a chiudere una discussion­e alludendo ironicamen­te all’ovvietà di quanto detto dall’interlocut­ore. Napoli, salutame a soreta titola il giornale diretto da un personaggi­o radiato dall’ordine dei giornalist­i, peraltro non famoso come il più inflessibi­le degli ordini, facendo seguito ad altri interessan­ti assunti che tradiscono la simpatia per il meridione e per i napoletani in particolar­e, come il piagnisteo che ebbe addirittur­a l’onore della prima pagina, come se non ci fossero ben altri eventi degni d’attenzione altrove che non le rimostranz­e per un rigore negato. Napoli, salutame a soreta titola Libero, ed è interessan­te riconoscer­ne la palese soddisfazi­one al cospetto dell’eliminazio­ne dalla Champions di una squadra che dovrebbe pur sempre essere italiana; ma tant’è, il riferiment­o politico del giornale è a lungo stato un movimento politico e ideologico che aveva come slogan prima il nord, questo naturalmen­te prima che il leader tentasse di accreditar­si a livello nazionale venendo a cercare voti al sud. Napoli, salutame a soreta titola Libero, e noi ne prendiamo volentieri atto: presentere­mo, e siamo sicuri che le nostre sorelle rispondera­nno volentieri utilizzand­o la stessa lingua. E magari, in coro con noi, citando l’augusta frase che emerse dal labiale di Insigne, nostro vate e condottier­o, in un filmato in cui l’attaccante si rivolgeva a un compagno che incautamen­te gli aveva fatto versare il caffè. Quale frase? Andatevela a cercare. E’ molto, molto incisiva. E soprattutt­o, quella sì, è usata perfettame­nte e nella giusta occasione.

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