Corriere del Mezzogiorno (Campania)
A Salerno l’artista nato nel campo profughi
La leggenda del pianista sulle rovine Ahamad che ha commosso il mondo
Il palcoscenico dei suoi primi concerti è stato un carretto di legno su cui issava il suo pianoforte e le sue platee sono state le rovine fumanti delle devastate città siriane e dei campi profughi: è il pianista e compositore Aeham Ahmad, per la prima volta in Campania, stasera alle 21,30 al Teatro Augusteo di Salerno (ingresso gratuito fino ad esaurimento posti).
Il recital per la ventiduesima edizione di Linea d’Ombra Festival, cade nei giorni in cui la scelleratezza dei potenti fa agitare nuovi venti di guerra nel tormentato Medio Oriente.
«Tutti noi crediamo nello stesso Dio, musulmani, ebrei, cristiani; uno dei messaggi in cui confido è che con pazienza e amore possiamo salvare il mondo, sebbene la situazione in Siria sia molto disperata» dice il pianista. E il messaggio diventa speranza che le note di un pianoforte sovrastino, nella percezione dei sentimenti, i rumori di guerra e di ordigni, siano essi ultramoderni e sofisticati o primitivi e branditi con la forza della disperazione o del cieco odio religioso.
La speranza deriva soprattutto dalla vicenda biografica di Aeham Ahmad, nato a Yarmouk, campo profughi palestinese alle porte di Damasco, che ha scelto di essere messaggero di pace con la musica in cui vibra tutta la nostalgia del suo essere profugo, ma anche tutta la forza di credere in un futuro di convivenza dei popoli. Persino, e forse ancor più, dopo che i miliziani dell’Isis gli hanno bruciato il pianoforte e, atto d’orrore, ucciso un bambino che incantato stava ascoltando le sue note.
Per chi semina morte la mu- sica rappresenta un’arma e il musicista un nemico da abbattere. Ma l’immagine di Ahmad che suona in mezzo a rovine e distruzione è stata più forte e ha fatto il giro del mondo.
Classe 1989, fuggito in Europa, il pianista vive oggi in Germania dove ha acquisito lo status di rifugiato e da lì leva la sua voce di pace, con uno stile personalissimo che fonde il linguaggio musicale tonale occidentale con la modalità araba che per molti versi non si allontana da quella ebraica: anche questa è una scelta di universalità e di fratellanza.
Ahmad è stato insignito, in Germania del Premio Beethoven (2015), per il suo impegno in favore dei diritti umani e nel 2016 ha pubblicato il suo primo album dal significativo titolo Music for hope — « dedicato al mio popolo, che vuole vivere libero ma non ha alcuna voce» dice — che sarà anche al centro del concerto di stasera.