Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’Unesco dice sì: pizza patrimonio dell’umanità
Il riconoscimento L’annuncio nella notte. Da Chiaia ai Decumani è festa grande: «portafoglio» gratis per tutti
L’arte del pizzaiuolo napoletano è patrimonio culturale dell’umanità. Dopo una batta- glia lunga otto anni è arrivato il sì del comitato di governo dell’Unesco, riunito in Corea del Sud. Lo ha annunciato il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina. E a Napoli è esplosa la grande festa con le pizzerie (da Brandi a Sorbillo) che già dalle 8 del mattino hanno riacceso i forni per sfornare pizze. Il sindaco Luigi de Magistris: «Momento storico per Napoli». Coldiretti: «In Italia il comparto ha un fatturato di 12 miliardi di euro».
NAPOLI L’attesa è finita poco dopo le 3.30 della scorsa notte quando su Twitter il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha annunciato che a Jeju, nella Corea del Sud, con un voto unanime il Comitato di governo dell’Unesco ha celebrato la creatività alimentare della comunità napoletana come unica al mondo e riconosciuto l’arte del pizzaiuolo napoletano patrimonio culturale dell’umanità. Da Jeju (un isolotto dominato da un vulcano innevato in cui qualcuno ha visto una vaga rassomiglianza con il Vesuvio) a Napoli, nove ore di fusario, 10 mila chilometri di distanza: la notizia grazie ai social network - è giunta in città in poco tempo e la grande festa è cominciata.
Lì, nel paese asiatico, i promotori della petizione a sostegno della candidatura si sono ritrovati nella pizzeria «365» con l’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio (presidente della Fondazione Univerde), il presidente della Coldiretti campana Gennarino Masiello, il leader dell’Associazione verace pizza napoletana, Antonio Pace, e quello dell’associazione pizzaioli napoletani, Sergio Miccù, ai quali si sono aggiunti gli ambasciatori degli 80 paesi presso l’Unesco. A Napoli, invece, la festa si è consumata nelle piazze e sin dalle 8 le più importanti pizzerie (da Brandi a Sorbillo) hanno riacceso i forni in via straordinaria.
È stata una battaglia durata otto lunghi anni nel corso dei quali sono state raccolte - in 100 paesi - oltre 2 milioni di firme a sostegno della candidatura grazie alla mobilitazione (arrivata anche all’Expo di Milano) di Coldiretti, Fondazione Univerde e associazione Pizzaiuloli napoletani. Inoltre in occasione del Forum Coldiretti a Cernobbio era stata lanciata la campagna #PizzaUnesco accompagnata dalle firme raccolte in tutto il mondo. E in questi lunghi ed esaltanti anni va ricordata l’entrata dell’Italia nel Guinness World Record con l’impresa della «Pizza più lunga del mondo» realizzata il 18 maggio 2016 a Napoli, giorno in cui 5 forni a legna progettati e costruiti per l’occasione, riuscirono a cuocere 1853,88 metri di pizza. La festa era attesa dal 2009 quando la candidatura fu avviata dal Mipaff. Il processo per il riconoscimento è cominciato nel marzo del 2010. Ma ci sono voluti 5 anni (nel 2015) affinché la commissione nazionale italiana Unesco presentasse per la prima volta la candidatura ufficiale, poi riproposta nel 2016 quando il consiglio direttivo della commissione nazionale Unesco ha deliberato di ricandidare per il 2017 l’arte dei pizzaiuoli napoletani nella lista dei patrimoni immateriali dell’Unesco. Ieri notte il riconoscimento. «È il riscatto di una città che per troppi anni ha subito ingiusti marchi d’infamia», dice Masiello. Il sindaco Luigi de Magistris ha esultato: «Un riconoscimento storico».Tante le altre reazioni tra cui quelle del governatore Vincenzo De Luca, i ministri Dario Franceschini e Gian Luca Galletti, Dorina Bianchi (sottosegretario ai Beni Culturali), Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Napoli e Campania, e Cosimo De Sortis, presidente Italmopa (mugnai).
Il riconoscimento avrà ricadute economiche importanti per il comparto. Secondo Coldiretti la pizza genera un business di 12 miliardi di euro in Italia dove sono almeno 100 mila i lavoratori fissi nel settore, ai quali se ne aggiungono altri 50 mila nel fine settimana. Ogni giorno solo in Italia si sfornano circa 5 milioni di pizze nelle circa 63 mila pizzerie e locali per l’asporto, taglio e trasporto a domicilio, dove si lavorano in termini di ingredienti durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Nata a Napoli, la passione per la pizza è diventata planetaria. I maggiori consumatori sono gli americani con 13 chili a testa mentre gli italiani sono primi in Europa con 7,6 chili all’anno, staccando spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci (3,3 chili di pizza pro capite annui).