Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Da Milano a Caserta per visitare la Reggia Ma quanti disservizi
Caro direttore, dopo anni finalmente corono il mio sogno di visitare la Reggia di Caserta, che ritengo essere un vero capolavoro. Parto da Napoli in una bellissima giornata di sole e arrivo a Caserta abbastanza velocemente. Già da lontano vedo stagliarsi il magnifico complesso monumentale della Reggia e dei suoi incredibili giardini, anche se le costruzioni della città che la circondano sembrano soffocarla. All’arrivo, ore 13,45, mi precipito a visitare, approfittando del sole, gli immensi giardini; ma ecco la prima sgradita sorpresa. La parte dei giardini all’inglese è chiusa: nessuno sa darmi una spiegazione. Le biciclette a noleggio alle 14 non sono più disponibili, il bus pubblico fa un giro ristretto e comunque tra poco finirà le corse della giornata. Cado nello sconforto. Mi guardo attorno e vedo una romantica carrozzella rossa con un guidatore elegantemente vestito di nero e un cavallo che bruca la poca erba del prato. Mi avvicino e scopro che il guidatore è in effetti una signora dagli occhi azzurri e i capelli biondi che vedendomi sconsolato (vengo da Milano e non so quando potrò tornare a Caserta) , mi invita per una modica cifra a salire dicendomi che il giro non sarà completo ma in compenso mi farà anche da cicerone. La simpatia e la gioia di quella signora, oltre alla scoperta di giardini e fontane di rara bellezza ma in abbandono, mi riconcilierà con la giornata. Resta il deludente paragone con altri giardini dei tanti Palazzi sparsi in Europa dove la cura è talvolta maniacale. Finalmente passo a visitare l’interno della Reggia o meglio quello che è aperto al pubblico. Saloni bellissimi ma stranamente non vedo un custode. Alla mancanza apparente di custodi si aggiunge la scarsità di arredi di una reggia che sicuramente doveva essere ricchissima. Continuo la mia visita e ad un certo punto , i visitatori sono molto pochi, sento un vociare fastidioso, mi avvicino ad una sala e noto con disappunto un numero consistente di custodi intenti a fare salotto, a leggere, a telefonare ,a vedere la tv mentre dovrebbero essere distribuiti nelle varie sale a controllare. Non è finita, mentre percorro i saloni noto che il camminamento riservato ai visitatori, sopra pavimenti antichi e quindi delicati, non è coperto da nessuna protezione e ogni tanto qualche mattonella si alza sotto i piedi. Non servono fondi straordinari per proteggere questi pavimenti, ma solo una normale attenzione. Termino la visita con un certa fretta mista a fastidio e con la consapevolezza che non ci tornerò più. Ma la mia riflessione è amara: quanti turisti italiani e stranieri hanno avuto la mia stessa sensazione? So qual è la risposta ufficiale: «Stiamo facendo molto anche se resta ancora da fare». Ebbene non mi basta! Da troppi anni sento la stessa risposta e l’Italia dell’arte va a pezzi. Fate in fretta.