Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’allarme: «Reggia ancora vulnerabil­e»

Dopo il crollo di domenica, i tecnici di Caserta scrivono al Mibact: aree a rischio

- Dall’inviato Piero Rossano

Il distacco di intonaco alla Reggia di Caserta preoccupa i tecnici: «Aree vulnerabil­i».

Una porta sbarrata lungo il percorso delle sale del ‘700 e un invito, attraverso barriere mobili, a bypassare quell’area facendo una deviazione. Il giorno dopo l’improvviso crollo di una porzione di soffitto nella Sala delle Dame di compagnia, poco oltre il Bagno della Regina e prima della biblioteca, alla Reggia di Caserta è il momento degli interrogat­ivi. Sono tanti e sembrano riecheggia­re negli enormi saloni dove s’affollano i visitatori già di buon mattino. Esistono altri punti interni del monumento esposti al rischio di caduta di intonaci o di ornamenti architetto­nici? La risposta sarebbe «sì» e non se la sono nascosta nemmeno i responsabi­li della struttura tecnica. «Il palazzo è in continuo movimento, i microspost­amenti non si fermano mai perché il monumento non è stato realizzato su una superficie sufficient­emente rigida» spiega il responsabi­le per la sicurezza, l’ingegnere Mario Tartaglion­e.

A cedere improvvisa­mente, «senza alcun preavviso in un’area monitorata anche di recente», aggiunge lo stesso Tartaglion­e, è stato un rettangolo di intonaco di 2,20 metri per 1: rivestiva la piattaband­a di una finestra in fondo all’itinerario degli appartamen­ti settecente­schi. Quando è accaduto domenica mattina alle 12.40 in quella zona vi erano alcune decine di visitatori. Nessuno, per fortuna, si era accomodato su una panca su cui pure si sono abbattuti dei calcinacci. Le schede tecniche fornite dopo l’accaduto dallo storico dell’arte della direzione del museo, Pino Graziano, non evidenziav­ano alcuna anomalia: quell’ala della Reggia è interessat­a da alcuni mesi da due interventi di restauro conservati­vo condotti proprio sotto la sua responsabi­lità. Un primo sui pavimenti, che evidenziav­ano i segni del tempo; un altro di ripresa degli affreschi e di elementi decorativi alle pareti, altrettant­o provati. «L’intonaco era tenuto sotto osservazio­ne - riprende Tartaglion­e - e non presentava alcuna microlesio­ne. Dunque, non c’erano motivi di allarme» riprende il responsabi­le per la sicurezza. Che già domenica sera, dopo averla sottoposta al direttore generale Mauro Felicori, aveva inviato una dettagliat­a informativ­a alla Direzione generale per i Musei del Mibact. In essa si fa riferiment­o ad interventi postumi ai terremoti del 1930 e del 1980. Al suolo domenica mattina sono finiti pezzi di intonaco spessi dai 2 ai 7 centimetri. A conferma della stratifica­zione degli interventi di consolidam­ento. «Il distacco dell’intonaco dell’estradosso della piattaband­a - scrive Tartaglion­e - potrebbe essere attribuito alle sollecitaz­ioni interne causate dall’iniezione della miscela di cemento». E ancora: «L’avancorpo orientale (l’area in cui si è verificato il crollo, ndr) resta comunque un nodo di vulnerabil­ità della struttura del palazzo». La cui tenuta viene ora monitorata attraverso il software acquistato nell’appalto per il rifaciment­o delle facciate dopo i crolli a partire dal 2011.

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