Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Noi trentenni che ci lasciamo il panorama alle spalle»
Lontano da Scampia, dai panni stesi, dai vicoli. Lontano dai soliti cliché di una Napoli avviluppata nei suoi problemi e nei luoghi comuni. «Siamo nella Napoli dei privilegiati, che pagano comunque uno scotto abbastanza alto per la scelta di restare in una città che in termini di invivibilità raggiunge vette notevoli. Una metropoli marchiata a fuoco, che si porta addosso stimmate che non è possibile scrollarsi di dosso».
Fuani Marino è l’autrice di un romanzo nero che racconta l’altra Napoli. Il panorama dietro le spalle — che sarà presentato oggi alle 18 Al Blu di Prussia da Mirella Armiero e Diego Nuzzo — svela Posillipo, le sue ugge, i suoi misteri e le ridondanze di una borghesia che assomiglia a quella di tante altre città, se non fosse per certi eccessi tipicamente napoletani. Perché questo titolo? «Il panorama dietro le spalle è quello dei trenta quaranteni che hanno abbandonato la città. Ragazzi miei coetanei protagonisti di un esodo: la media e alta borghesia di questa generazione non risiede più a Napoli e si è lasciata il panorama alle spalle».
I protagonisti del romanzo però sono rimasti a Napoli.
«Gli Schisa sono rimasti: sono in vista, sono medici, e hanno le caratteristiche che appar- terrebbero a qualunque altra famiglia borghese. Ma sono a Napoli e tutti gli elementi distintivi di una certa borghesia risultano esasperate: la noia, l’autocommiserazione e lo snobismo amplificato, abitando loro in un posto dominato da barbari. Dove si tende ad essere arroccati in una classe molto chiusa, anche e soprattutto nei confronti anche dei parvenu. Insomma è una borghesia differente».
Il suo è un atto di accusa nei confronti della città?
«Non di accusa, di denuncia. Una denuncia contro chi denuncia, contro chi ha fatto di queste osservazioni critiche il proprio manifesto, fino alla celebrazione».
Il romanzo punta anche il dito contro una Posillipo algida e permeata da una solitudine che avvolge le esistenze di chi ci abita.
«Dopo sei anni sono andata via da via Petrarca. Sono andata via volutamente perché lì si vive in una dimensione alienante. Abitare a Napoli e stare a Posillipo è una contraddizione in termini: è un quartiere che rinuncia a troppe di quelle che sono le caratteristiche della città. È elitario, isolato, silenzioso, ha ampi spazi in una città che invece è claustrofobica. A Posillipo sei fuori dalla città, del resto fino al 1925 non era neanche una zona che faceva parte di Napoli».
Il suo romanzo, dunque, nasce da una serie di osservazioni antrop0logiche.
«Sì, è così, da uno studio che ho fatto osservando, guardandomi in giro. Questo libro non sarebbe stato scritto se non avessi abitato lì e se non avessi avuto un percorso personale particolare. Non è un caso se è dedicato alla mia mano destra». Dove abita adesso? «In via Schipa, non distante da Posillipo ma comunque a ridosso del centro».
E si è lasciata il panorama dietro le spalle?
«Sì. E un po’ mi manca. Ma osservarlo dall’alto era come essere in un’altra città. Sarebbe bello essere in centro e poter avere il panorama, ma se non è possibile è giusto lasciarselo dietro».
Posillipo Un luogo elitario, isolato, in pratica alienante Io sono andata via