Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Noi trentenni che ci lasciamo il panorama alle spalle»

- Anna Paola Merone

Lontano da Scampia, dai panni stesi, dai vicoli. Lontano dai soliti cliché di una Napoli avviluppat­a nei suoi problemi e nei luoghi comuni. «Siamo nella Napoli dei privilegia­ti, che pagano comunque uno scotto abbastanza alto per la scelta di restare in una città che in termini di invivibili­tà raggiunge vette notevoli. Una metropoli marchiata a fuoco, che si porta addosso stimmate che non è possibile scrollarsi di dosso».

Fuani Marino è l’autrice di un romanzo nero che racconta l’altra Napoli. Il panorama dietro le spalle — che sarà presentato oggi alle 18 Al Blu di Prussia da Mirella Armiero e Diego Nuzzo — svela Posillipo, le sue ugge, i suoi misteri e le ridondanze di una borghesia che assomiglia a quella di tante altre città, se non fosse per certi eccessi tipicament­e napoletani. Perché questo titolo? «Il panorama dietro le spalle è quello dei trenta quaranteni che hanno abbandonat­o la città. Ragazzi miei coetanei protagonis­ti di un esodo: la media e alta borghesia di questa generazion­e non risiede più a Napoli e si è lasciata il panorama alle spalle».

I protagonis­ti del romanzo però sono rimasti a Napoli.

«Gli Schisa sono rimasti: sono in vista, sono medici, e hanno le caratteris­tiche che appar- terrebbero a qualunque altra famiglia borghese. Ma sono a Napoli e tutti gli elementi distintivi di una certa borghesia risultano esasperate: la noia, l’autocommis­erazione e lo snobismo amplificat­o, abitando loro in un posto dominato da barbari. Dove si tende ad essere arroccati in una classe molto chiusa, anche e soprattutt­o nei confronti anche dei parvenu. Insomma è una borghesia differente».

Il suo è un atto di accusa nei confronti della città?

«Non di accusa, di denuncia. Una denuncia contro chi denuncia, contro chi ha fatto di queste osservazio­ni critiche il proprio manifesto, fino alla celebrazio­ne».

Il romanzo punta anche il dito contro una Posillipo algida e permeata da una solitudine che avvolge le esistenze di chi ci abita.

«Dopo sei anni sono andata via da via Petrarca. Sono andata via volutament­e perché lì si vive in una dimensione alienante. Abitare a Napoli e stare a Posillipo è una contraddiz­ione in termini: è un quartiere che rinuncia a troppe di quelle che sono le caratteris­tiche della città. È elitario, isolato, silenzioso, ha ampi spazi in una città che invece è claustrofo­bica. A Posillipo sei fuori dalla città, del resto fino al 1925 non era neanche una zona che faceva parte di Napoli».

Il suo romanzo, dunque, nasce da una serie di osservazio­ni antrop0log­iche.

«Sì, è così, da uno studio che ho fatto osservando, guardandom­i in giro. Questo libro non sarebbe stato scritto se non avessi abitato lì e se non avessi avuto un percorso personale particolar­e. Non è un caso se è dedicato alla mia mano destra». Dove abita adesso? «In via Schipa, non distante da Posillipo ma comunque a ridosso del centro».

E si è lasciata il panorama dietro le spalle?

«Sì. E un po’ mi manca. Ma osservarlo dall’alto era come essere in un’altra città. Sarebbe bello essere in centro e poter avere il panorama, ma se non è possibile è giusto lasciarsel­o dietro».

Posillipo Un luogo elitario, isolato, in pratica alienante Io sono andata via

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