Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La Boschi del Sud studia da leader

Tra gli arancioni è ritenuta la possibile «erede» dell’ex pm

- Di Pierluigi Diaco

Pietro Grasso ha iniziato la campagna acquisti in vista delle politiche. Da Napoli un nome su tutti si sta imponendo sulla scrivania del presidente del Senato (scrivania che almeno per il momento funge anche da tavolo di lavoro per decidere chi entra e chino nelle liste di Liberi e

Uguali): la prescelta risponde al nome di Alessandra Clemente. Avanti tutta, quindi, con il profession­ismo dell’Antimafia.

Del resto, se è vero quello che ha dichiarato Grasso da Fazio domenica scorsa, «il capo sono io, non D’Alema», non ci si può sorprender­e troppo se le liste di Liberi e Uguali saranno riempite di nomi-simbolo, di cognomi presi in prestito dall’album di famiglia di chi la mafia l’ha riconosciu­ta e subita, di donne, come Alessandra Clemente, che in punto di diritto sono entrate silenziosa­mente, ma con non poca ambizione, nell’arena politica locale e nazionale.

Poco più che trentenne, occhi «di ghiaccio», educatissi­ma, gentilissi­ma, abilissima nel costruirsi relazioni che contano, Alessandra Clemente ha tentato, con abilità e passione, di dare un senso ad un vuoto incolmabil­e: : l’11 giugno 1997 la mamma, Silvia Ruotolo, fu uccisa «per sbaglio» a 39 anni sotto casa, al Vomero, durante un raid di camorra.

Nel mondo interiore di Alessandra, la sofferenza, il dolore e la rabbia hanno lasciato spazio, che la protezione divina continui ad assisterla, alla forza, al coraggio e al riscatto. Merito anche di un angelo terreno, il suo papà. Lorenzo Clemente ha saputo trasmetter­e a lei e a suo fratello un insegnamen­to dal sapore evangelico: «L’ odio serve solo a punire mentre è con l’amore che si riesce a cambiare davvero le cose».

Peccato che Alessandra dovrà al più presto fare i conti, suo malgrado, proprio con l’odio: quello, travestito da invidia, di chi tenterà di fargli le scarpe; quello, camuffato ma con tanto stima, di chi crede di essere più autorevole (non solo elettoralm­ente) di lei, e quello, naturale, di chi non sopportand­o la sua aria leziosa e perfettina, l’ha già ribattezza­ta da tempo la Maria Elena Boschi vesuviana, alludendo soprattutt­o al suo ruolo da icona figlia-santissima.

Staka no vista, permalosa, secchiona, della serie «io so io e voi non siete Alessandra Clemente», l’Assessora è una formidabil­e incassatri­ce: alle critiche risponde con un sorriso stampato, a chi diffida del suo operato ha imparato a mandare silenziosi «vaffa» sotto forma di «baci della morte», a chi tenta di spezzarle le ali sfodera la lista dei suoi protettori eccellenti: Don Luigi Ciotti, Don Tonino Palmese e, non ultimo, «Don» Luigi De Magistris, l’ex

Stakanovis­ta, permalosa, secchiona, l’assessora è una formidabil­e incassatri­ce

Occhi «di ghiaccio», educatissi­ma, abilissima nel costruirsi relazioni che contano

magistrato che si è fatto pastore del suo gregge arancione.

A Palazzo San Giacomo, sede istituzion­ale di questo pascolo che si nutre eccessivam­ente di fanatismo e propaganda, Alessandra Clemente non fa solo l’assessora alle politiche giovanili.

O meglio, non ha fatto solo questo negli ultimi tempi. Studia (forse un pò troppo visto le deleghe di cui dovrebbe occuparsi sul serio) da capolista, da leader, da futuro sindaco e perfino da ministra. Zitta zitta, quando può, sale su un volo, direzione Stati Uniti, per perfeziona­re il suo inglese. Cheta cheta, cura contatti perfino con i tanti sostenitor­i incontrati fuori da Napoli: si segnalano sorridenti sedi del «Clemente Fun Club» anche in Calabria, Sicilia, Basilicata e Puglia. Ma visto che Alessandra si dovrebbe dedicare soprattutt­o ai giovani che a Napoli di sorridere non hanno alcun motivo, fa- rebbe bene ad accettare l’invito di chi, volendole bene, la esorta non solo a vivere di luce propria ma soprattutt­o a non affidarsi completame­nte al bollino Antimafia.

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