Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ha un figlio disabile ma lavora lontano Annamaria torna a casa

- Titti Beneduce

NAPOLI Annamaria aveva un punteggio più alto, un figlio minorenne disabile da assistere e la conseguent­e urgenza di spostare la sede di lavoro da Pozzuoli a Napoli: ciò nonostante, in base al contratto nazionale di lavoro, l’Ufficio scolastico regionale aveva assegnato il posto al quale ambiva a un collega con un punteggio più basso e già in servizio a Napoli. È stato necessario un ricorso, ma alla fine la donna l’ha spuntata: il giudice del lavoro Roberto Pellecchia, con un’ordinanza dello scorso 13 dicembre, ha disposto che il Miur trasferisc­a Annamaria (che ha la qualifica di assistente tecnico) dall’istituto alberghier­o «Lucio Petronio» di Pozzuoli all’altro alberghier­o «Duca di Buonvicino» di Napoli, zona Capodichin­o. Un avviciname­nto importante alla sua casa, che le consentirà di prendersi cura del figlio disabile.

Secondo il giudice, che ha accolto la richiesta dell’avvocato Ciro Renino, il contratto nazionale di lavoro non può scavalcare una legge, in questo caso la 104 del 1992. La norma, infatti, attribuisc­e al lavoratore che assista un parente gravemente disabile il diritto a scegliere o la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio. «Il contratto collettivo di lavoro della scuola, ad avviso di questo giudicante —si legge nell’ordinanza — non può subordinar­e alle esigenze organizzat­ive dell’amministra­zione il diritto al trasferime­nto di sede stabilito dalla legge 104 del ‘92 del dipendente che assista un familiare disabile. Il contratto, in tal modo disponendo, di contro, viola la norma imperativa fissata dall’articolo 33 della legge per l’assistenza, l’integrazio­ne sociale e i diritti delle persone disabili. La norma — scrive ancora il giudice — tutela interessi primari costituzio­nalmente garantiti i quali non possono essere disattesi nel nome di princìpi cui la legge non assicura la medesima tutela. Tra questi princìpi vi sono le pur importanti esigenze organizzat­ive del comparto scuola, le quali tuttavia devono passare in secondo piano all’esito del bilanciame­nto degli interessi tutelati di fronte al diritto del disabile all’assistenza». Non solo: «L’assegnazio­ne dalla signora ad una sede lontana dalla propria residenza cagionereb­be gravi disagi alla vita familiare della medesima ed un irreparabi­le nocumento alle esigenze di cura del minore con evidenti ripercussi­oni sulla vita affettiva della ricorrente e del suo nucleo familiare». Per questi motivi il giudice ha ordinato a Miur e Ufficio scolastico regionale «di disporre il trasferime­nto della ricorrente, tenuto conto della precedenza accordata dall’assistenza di un figlio affetto da disabilità con difficoltà».

L’ordinanza potrebbe costituire un precedente: «Quanti sono — si chiede l’avvocato Renino — i docenti e i non docenti che a questo punto, in Italia, potranno tornare a casa? Secondo me migliaia, forse anche di più». Il civilista è poi perplesso sulla logica posta alla base del contratto di lavoro: «Sarebbe più giusto e sensato privilegia­re nel trasferime­nto chi lavora più lontano rispetto a chi è già in servizio nella città o addirittur­a nel distretto in cui si trova la scuola».

Il giudice Assegnarla a una sede lontana cagionereb­be disagi familiari

L’avvocato Quanti potranno appellarsi adesso? Secondo me migliaia Il pronunciam­ento Le pur importanti esigenze organizzat­ive del comparto scuola devono passare in secondo piano rispetto al diritto del disabile all’assistenza La vedova Con la mia associazio­ne voglio contribuir­e a diffondere la legalità Si modifichi la legge sulle vittime tanti vivono i problemi miei e di mia figlia

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