Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Così undici detenute sono diventate sarte: «Sarà il nostro futuro»
Ci hanno messo tanto impegno per imparare, perché «una volta fuori speriamo di poter fare questo lavoro». Sono le detenute della casa circondariale femminile di Pozzuoli, che grazie a un progetto di riabilitazione voluto dal Ministero della Giustizia, avranno la possibilità di un futuro diverso. L’attività presentata ieri nella struttura penitenziaria, alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando, coinvolge in particolare 11 detenute che hanno partecipato a un corso di formazione con le sarte del laboratorio del maestro Maurizio Marinella. Lo scopo del progetto è promuovere un nuovo approccio di implementazione del lavoro all’interno delle carceri, che consenta un più agevole reinserimento all’interno della collettività. La nota sartoria di cravatte napoletana di Maurizio Marinella ha fornito mobili e macchinari per un laboratorio tessile all’interno della Casa Circondariale e ha messo a disposizione anche l’esperienza delle sarte più esperte del proprio laboratorio, che hanno periodicamente incontrato le detenute per incontri formativi, permettendo loro di svolgere un’attività lavorativa nel corso del periodo di permanenza all’interno dell’istituto penitenziario. «Per noi è una grande opportunità- spiega Elena, una delle ospiti del carcere-. Fuori ho i miei figli che mi aspettano e non vedo l’ora di riabbaracciarli». Le cravatte realizzate andranno in uso all’interno dello stesso Ministero di Giustizia, per sostenere la politica di spending review condivisa dalla Pubblica Amministrazione. Saranno 8mila le cravatte da produrre e distribuire agli agenti della Polizia Penitenziaria. «Reputo questo progetto importantissimo- ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando-, credo che il carcere deve essere un’occasione per cercare di rimettere l’ esistenza di una persona con la società e quindi il lavoro, da questo punto di vista, è uno strumento assolutamente fondamentale. In questo caso si tratta anche di mettere in moto un meccanismo che genera occupazione, valore positivo e stiamo cercando di ripetere questa esperienza in tutto il Paese.
Lo faremo meglio dopo l’approvazione definitiva della riforma dell’ordinamento penitenziario perché credo che quella riforma darà un segno chiaro: cioè il carcere non deve essere una parentesi passiva nella quale un recluso attende la scarcerazione, ma deve essere un’occasione attraverso la quale investire su se stessi». Pina, Anna, Samira ed Elena, alcune delle detenute del carcere di Pozzuoli, questa occasione non la vogliono perdere. «Mio figlio non mi parla più da quando sono qui - spiega Samira, una detenuta di origini tunisine - . Non mi vuole perdonare per quello che ho fatto, per il reato commesso. Spero che dopo questa parentesi all’interno del carcere, la mia vita possa cambiare e spero che mio figlio Alfredo possa tornare ad abbracciarmi». Anche Pina, napoletana doc ha il pensiero fisso ai suoi figli e ai suoi nipoti. «A loro trasferirò le competenze acquisite grazie a questo progetto».