Corriere del Mezzogiorno (Campania)
UNA LEGGE SPECIALE PER NAPOLI
Dotare di poteri speciali le tre maggiori città italiane, Roma, Milano e Napoli. Ecco qual è il nocciolo duro della proposta che emerge dalla relazione conclusiva della commissione parlamentare sulle periferie, dopo un anno di audizioni e di sopralluoghi nella realtà cittadine più degradate: nella nostra città a Scampia e alla Sanità. “Anche, al limite, con interventi di carattere legislativo” dice senza giri di parole il relatore del documento finale, approvato pressoché all’unanimità, che costituisce un precedente parlamentare significativo dal quale prendere le mosse per dare corpo e gambe a un’ipotesi di legge speciale per la città partenopea dopo la tornata elettorale.
Un obiettivo da perseguire completando la riforma degli enti locali dalla dimensione comunale a quella delle aree metropolitane. Il tema di una legge speciale per Napoli torna ciclicamente nei momenti di crisi di una città perennemente in bilico tra arretratezza e futuro. Che la più grande area metropolitana del Mezzogiorno sia una grande questione nazionale è acclarato da lungo tempo. Non a caso poco più di un secolo fa, nel lontano 1904, fu varata la cosiddetta legge Nitti, un pacchetto di provvedimenti che permise il decollo della zona industriale a est e la localizzazione del polo siderurgico di Bagnoli a ovest.
Oggi i problemi con cui dover fare i conti sono altri. Primo tra tutti, il crescente e inarrestabile degrado non solo delle periferie intese in senso fisico e geografico, ma anche di vaste zone centrali e semicentrali della città: un esempio è quello del popoloso quartiere della Sanità. Ma le modalità di intervento sarebbero molto diverse da quelle del passato: il disagio urbano macroscopico a Napoli si affronta non certo con politiche edilizie espansive ma con oculati progetti di rigenerazione urbana, quindi interventi di recupero, riqualificazione e rammendi, come ama ripetere Renzo Piano. Ciò non vuol dire non aggredire il nodo irrisolto della scarsità di edilizia residenziale pubblica per i meno abbienti, di fatto cancellata dal tramonto dei fondi Gescal. In sede parlamentare è apparso subito chiaro che i bandi delle periferie, avviati dagli ultimi governi, sono purtroppo solo una misura congiunturale, mentre ciò che serve veramente è un piano almeno decennale di intervento, finanziato con una programmazione a lungo termine delle risorse pubbliche, e perché no, anche private.
Investire sulle città, segnatamente su Napoli, significa puntare sui luoghi simboli dello sviluppo economico moderno, dove s’incrociano le grandi scelte d’innovazione e le politiche attive per il sociale, senza trascurare il tema della sicurezza, perché non ci possono essere zone franche in una metropoli che voglia aprirsi ai suoi cittadini e a quanti vengono dall’esterno.