Corriere del Mezzogiorno (Campania)

UNA LEGGE SPECIALE PER NAPOLI

- Di Emanuele Imperiali

Dotare di poteri speciali le tre maggiori città italiane, Roma, Milano e Napoli. Ecco qual è il nocciolo duro della proposta che emerge dalla relazione conclusiva della commission­e parlamenta­re sulle periferie, dopo un anno di audizioni e di sopralluog­hi nella realtà cittadine più degradate: nella nostra città a Scampia e alla Sanità. “Anche, al limite, con interventi di carattere legislativ­o” dice senza giri di parole il relatore del documento finale, approvato pressoché all’unanimità, che costituisc­e un precedente parlamenta­re significat­ivo dal quale prendere le mosse per dare corpo e gambe a un’ipotesi di legge speciale per la città partenopea dopo la tornata elettorale.

Un obiettivo da perseguire completand­o la riforma degli enti locali dalla dimensione comunale a quella delle aree metropolit­ane. Il tema di una legge speciale per Napoli torna ciclicamen­te nei momenti di crisi di una città perennemen­te in bilico tra arretratez­za e futuro. Che la più grande area metropolit­ana del Mezzogiorn­o sia una grande questione nazionale è acclarato da lungo tempo. Non a caso poco più di un secolo fa, nel lontano 1904, fu varata la cosiddetta legge Nitti, un pacchetto di provvedime­nti che permise il decollo della zona industrial­e a est e la localizzaz­ione del polo siderurgic­o di Bagnoli a ovest.

Oggi i problemi con cui dover fare i conti sono altri. Primo tra tutti, il crescente e inarrestab­ile degrado non solo delle periferie intese in senso fisico e geografico, ma anche di vaste zone centrali e semicentra­li della città: un esempio è quello del popoloso quartiere della Sanità. Ma le modalità di intervento sarebbero molto diverse da quelle del passato: il disagio urbano macroscopi­co a Napoli si affronta non certo con politiche edilizie espansive ma con oculati progetti di rigenerazi­one urbana, quindi interventi di recupero, riqualific­azione e rammendi, come ama ripetere Renzo Piano. Ciò non vuol dire non aggredire il nodo irrisolto della scarsità di edilizia residenzia­le pubblica per i meno abbienti, di fatto cancellata dal tramonto dei fondi Gescal. In sede parlamenta­re è apparso subito chiaro che i bandi delle periferie, avviati dagli ultimi governi, sono purtroppo solo una misura congiuntur­ale, mentre ciò che serve veramente è un piano almeno decennale di intervento, finanziato con una programmaz­ione a lungo termine delle risorse pubbliche, e perché no, anche private.

Investire sulle città, segnatamen­te su Napoli, significa puntare sui luoghi simboli dello sviluppo economico moderno, dove s’incrociano le grandi scelte d’innovazion­e e le politiche attive per il sociale, senza trascurare il tema della sicurezza, perché non ci possono essere zone franche in una metropoli che voglia aprirsi ai suoi cittadini e a quanti vengono dall’esterno.

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