Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Da Mastella a Pomicino: ecco i democristiani 2.0
Il sindaco di Benevento: «Senza di noi il centrodestra perde»
Clemente Mastella, come Rocky, torna sul ring della politica nazionale e mica da solo. Le ambizioni sono notevoli: rifondare lo Scudocrociato in chiave 2.0.
NAPOLI Non è per vendetta, non è per rancore. Udeur 2 è il ritorno di Clemente Mastella, come Rocky torna sul ring della politica nazionale e mica da solo. Le ambizioni sono notevoli: rifondare lo Scudocrociato in chiave 2.0. Per la serie «moriremo tutti democristiani». Che sono pure gli unici a dimettersi come ricorda Clemente Mastella: «Credo che Boschi avrebbe dovuto dimettersi o il padre, visto il ruolo della figlia. Ma si sa, lo facciamo solo noi».
Il patto di Napoli si sigla nella Stazione Marittima tra Mastella, Paolo Cirino Pomicino, Lorenzo Cesa. Della partita sarà anche Energie per l’Italia di Arturo Parisi che proprio democristiano non è. «De Gasperi nel ‘48, nonostante avesse una maggioranza schiacciante, aprì ai laici liberali, socialdemocratici e repubblicani. Ecco è il momento di fare la stessa cosa», commenta l’ex ministro del Bilancio, che a proposito di intese post elettorali, pochi giorni fa ne ha parlato pure con Antonio Bassolino.
Insomma, il ritorno più che nostalgico è ambizioso. Nella sala, troppo grande, le truppe mastellate vengono per lo più dalla provincia. C’è Sandra Lonardo. C’è qualche ex Gennaro e Luigi Nocera (che non sono fratelli), c’è il consigliere regionale Carmine Mocerino.
Comincia il segretario Udc, Cesa: «Noi dobbiamo riunire i democristiani 2.0, io, te, Paolo. Rimettere insieme i democristiani non è un’operazione nostalgica né velleitaria, ma romantica perché dobbiamo ricreare il partito del buon senso, che abbia a cuore i rapporti umani. Abbiamo il dovere di farlo, basta coi giochetti e i giochini. Non siamo la terza o quarta gamba di nessuno. Lo scudocrociato appartiene a tutti. Noi dobbiamo dire poche cose ma farle».
Parte il video dell’assoluzione di Clemente e Sandra Mastella. Sulle sedie la fotocopia del discorso di dimissioni dal ministero della Giustizia del 16 gennaio 2008. «Dopo quanto ci è capitato in sorte è obbligata la vocazione a esserci e scegliere un sentiero — comincia Mastella —. L’esperienza locale deve essere portare a livello nazionale. Non è rancore o risarcimento perché non ci può essere un risarcimento se la giustizia arriva dopo dieci anni». Lancia il patto di Napoli: «La Sicilia ha dimostrato che si può arrivare al 15 per cento. Senza di noi non si vince in nessun collegio maggioritario. Siamo l’area mite della politica italiana. La forza tranquilla. Oggi il Cavaliere rappresenta un equilibrio democratico tra Salvini e lo steward di Pomigliano d’Arco (Luigi Di Maio). Aiuteremo Berlusconi a vincere la battaglia interna al centrodestra». L’avversario è Matteo Salvini che per la verità non ha lesinato critiche a Mastella: «Al Sud noi possiamo alzare la voce non Salvini. Ora bisogna organizzarsi, muoversi, faremo comitati insieme. Il sistema avvantaggia il territorio, nei collegi senza di noi nel centrodestra non viene eletto nessuno. Siamo la seconda forza del Mezzogiorno, vogliamo negoziare questo momento di passaggio, non poltrone». Fa appello al ceto medio, non a quello riflessivo. «Senza di noi non arrivano al 40 per cento — prosegue —. Siamo stati falcidiati, siete stati umiliati ma ci sarà una ragione perché al Sud la gente continua a votarci?».
E sul Pd: «In Campania con Bassolino che morderà, il Pd perderà. Tra l’altro il Pd si è dato da fare a aiutare Napoli, mentre per Benevento e le piccole città no: questi figli e figliastri sono inaccettabili». Attacca il sottosegretario Maria Elena Boschi: «Per noi ci si dimette, ora la Boschi è doveroso che si dimetta. Ma non lo farà, perché lo facciamo solo noi democristiani». In sala qualche cimelio del passato o è solo un presente un po’ retrò.