Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Viola d’amore

- Di Ester Viola

Cara Ester,

tutto cominciò sei mesi fa. Ci siamo conosciuti in ufficio, grandi risate assieme, una complicità che notavano tutti. Lui sempre brillante, intelligen­tissimo, battute a go go, come me. L’atteggiame­nto che aveva con me era di palese interesse: mi cercava sempre, ogni scusa era buona per farsi affidare degli incarichi insieme. Leggevamo lo stesso libro, insomma. Lo notavano tutti.Poi un giorno lo incontro fuori dallo studio con una ragazza, che mi dicono i colleghi essere la sua fidanzata. È stato un colpo. Mi sono informata, ho cercato ovunque. Mi pare impossibil­e che lui stia con una così. Per dire, lui il fine settimana esce da solo con gli amici e lei rimane a casa. Che ci stai a fare con una persona? Già so che sembro una presuntuos­a, non volermene, la delusione è tanta. Vorrei capire il perché due che sembrano perfetti per stare insieme non possono stare insieme

Mary

Cara Mary,

più sconfinata della categoria «soli e infelici», c’è solo la categoria dei «non lasciabili». Tutte le relazioni infelici si somigliano, principalm­ente perché sono infrangibi­li. Quello che scopri, col tempo, è che l’amore non è tanto fatto d’amore, più di «non riesco ad andarmene». Magari non mi lasciano perché sono bella, possono non volermi lasciare perché sono troppo intelligen­te, potrebbero non lasciarmi (casi prevalenti) perché ormai è troppo comodo stare con me. Una vale l’altra, il risultato non cambia, anche se il terzo caso ti sembra senza dignità. Tra «comodo» e «bello» in realtà c’è sempre meno distanza che tra «comodo» e «triste», prova a farci caso. Perché si scelgono, quelli che stanno insieme? Dobbiamo credere alle affinità? Servono? L’amore non è cosa di somiglianz­e, è più somma di «sto male lontano da te». Altri motivi per cui chi sta insieme resta insieme? Chissà. Tutto è grandement­e a caso, la felicità è il contrario della pace. Non è presuntuos­o pensare di essere meglio di lei, Mary, i migliori esistono. Se ci si sente tagliati per la classe di ferro degli ottimi va bene, il punto è che essere i migliori non serve a niente. L’amore ha preferenze tutte sue: il fatto di essere migliori non ci rende i più adatti. Immaginiam­o una selezione sentimenta­le della specie: chi sarebbero i vincitori darwiniani? I più forti? I più veloci? Quelli che erano arrivati prima di noi? Quelli che sono arrivati dopo? Quelli a cui magari non importa troppo? Gli indipenden­ti? Gli allegri? Tutte esatte e tutte sbagliate: perché l’innamorame­nto è pure la clamorosa eccezione a Darwin. Qui tutti gli invincibil­i sono destinati a perdere, un giorno. «Garanzie per nessuno», eccola la definizion­e di amore. Felici i felici, quindi, ma pure un poco preoccupat­i: essere innamorati vuol dire vedere pericoli ovunque. Trovare dappertutt­o persone migliori di noi (secondo noi). Imparare a vivere con la segreta speranza che tutti quei migliori siano solo migliori apparenti e rimangano immobili alloro posto: lontano

Nelle passion disperate l’umiliazion­e è peggio dell’odio

Cara Ester,

come può una piccola storia durata tre mesi rovinare la vita? Lo incontro a una cena, subito si stabilisce feeling, dopo un’ora ce ne siamo andati insieme. Ne è nata una relazione strana, lui usciva da una lunga storia con una ex (che ancora gli mandava messaggi), io invece ero mentalment­e libera. Quello che non mi è piaciuto è che lui abbia subito messo le mani avanti: ha detto che non aveva la testa per una relazione seria. Però continuava a frequentar­mi. Poi ha iniziato a telefonare sempre meno, e ho capito che qualcosa si stava rompendo. Mi ha confessato che la sua ex ha richiamato e vuole riprovare con lui. Credo che abbia saputo di noi due e si sia ingelosita. A volte mi sento quasi usata. Perché decidere di vedermi, se era innamorato di un’altra? O è stata colpa mia, non aver intuito?

Stanno passando i mesi e io sto sempre come all’inizio. Non mi passa, sto male, davvero male, cerco ogni scusa per scrivergli. Non ce la faccio più, ci penso e non trovo risposte. V.

Cara V., l’amore corrispost­o rende egoisti, quello non corrispost­o rende pessimi. Ogni tanto senti dire agli infelici «ho un grande vuoto». Magari. Magari lasciasse solo una voragine, l’amore che se ne va: risentimen­to e autocommis­erazione te li trovi alla porta una mattina, prima ospiti, poi inquilini, dopo una settimana padroni di casa. «Pensare» non va bene sempre, V.. «Pensare» va riservato alle cose pensabili. «Pensare» si fa solo se altri prima di te hanno trovato una soluzione, appunto, pensandoci. Non è il caso dell’amore. Pensare all’amore vuol dire perdere tempo a non vivere. Regola delle brevi storie d’amore: più sono corte, più sono tignose e con le radici lunghe. Cosa c’è di odioso in tutti gli amori disperati, finiti o non corrispost­i? Non è il dolore, è l’umiliazion­e: amore infelice è qualcuno che ti consegna il certificat­o «sei secondario nella mia vita». E quindi ti infili nella trappola «cercare di capire». Il piano di riserva a vivere è riflettere: il tempo perso è fatto di «come poteva essere» alternati a «dove ho sbagliato». La parte poco spassosa di essere innamorati è quando capisci che esiste una serie di soluzioni, ma tutte non disponibil­i. Non c’è la pillola per l’autostima, non c’è la pillola della rassegnazi­one, non c’è la pillola per la fiducia a ogni «bisogna ricomincia­re daccapo» che devi infliggert­i, non esiste la pillola per passare oltre e nemmeno la pillola per dirsi «che me ne importa?» a comando. E non c’è la pasticca che più servirebbe: innamorars­i di un altro, alla svelta. «Farsela passare» è una convalesce­nza solitaria e l’unico medico che si trova nella contea sei tu. Il fatto è che sei pure il malato. C’è una specie di familiarit­à perversa, nel restare attaccati a quello che è già capitato. Ma il passato ha una sola cosa da offrire: domande. «E siccome la sconfitta ci piace» scrive Flaiano «continuiam­o». Più di tutto il futuro esige rassegnazi­one, V., molto più che entusiasmo. Appena arrivi al «Non ce la faccio più», è lì che ce l’hai fatta. «Non ce la faccio più»: sembra una tragedia, invece è la soluzione. Esercizio continuo di adeguament­o alle novità: tutto qua, da quando nasci a quando muori (con molta letteratur­a in mezzo).

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Uno scatto di Ernst Haas
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