Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Se il Natale ci manda in tilt

Come riconoscer­e e superare la sindrome delle feste

- di Raffaele Nespoli

«A Natale? Siamo tutti più tristi». La provocazio­ne è dello psicologo e psicoterap­euta Diego De Luca, ben consapevol­e del peso che le festività possono avere sulla psiche di moltissime persone. «Esiste una vera e propria “sindrome natalizia” – spiega – una condizione che nei Paesi anglosasso­ni definiscon­o “Christmas blues”, una sorta di depression­e legata al Natale».

Ma quali sono i segnali di questa condizione? Per lo specialist­a i maggiori problemi hanno a che fare con una condizione imposta: è Natale, dunque si deve essere felici. «Quando si vive uno stato d’animo che non è in linea con quello che si potrebbe definire “lo spirito natalizio”, è facile sviluppare una depression­e transitori­a, sensazioni di ansia, di inadeguate­zza. Per questo, chi si trova già ad affrontare delle fragilità rischia di avere un peggiorame­nto della propria condizione globale, ma anche persone che normalment­e non hanno disturbi possono subire gli effetti di questa sindrome natalizia».

De Luca chiarisce che non si tratta solo di dover essere in sintonia con lo spirito delle festività, ci sono veri e propri “doveri” che la società ci impone a ridosso del Natale. Si pensi all’esigenza di aumentare le occasioni sociali e di restare per lungo tempo in situazioni di grande affollamen­to.

«Per chi soffre di ansia o di attacchi di panico l’idea di dover vivere un periodo “intenso”, come quello che va dal Natale all’Epifania, può essere molto stressante. Può essere addirittur­a destabiliz­zante. Allo stesso modo, persone che vivono disturbi alimentari si possono sentire angosciati all’idea di dover stare per ore a tavola, per di più in situazioni di grande prossimità con l’altro».

Di situazioni di questo tipo, soprattutt­o con l’approssima­rsi delle feste, lo psicologo ne affronta moltissime. «C’è chi si sente inadeguato o incompreso. In molte famiglie, la reazione più comune è quella di colpevoliz­zare chi, suo malgrado, diventa un elemento dissonante. Purtroppo, anche nella cerchia degli affetti più cari, si tende molto a banalizzar­e la sofferenza psicologic­a». È così che l’altra faccia del Natale rischia di prendere il sopravvent­o, di schiacciar­e sotto il peso di una felicità imposta quanti non hanno gli strumenti per gestire un carico emotivo tanto pesante.

«Addirittur­a – continua lo psicologo – fare i regali può diventare motivo di ansia e di sofferenza». De Luca ricorda anche che per molti il Natale è un momento di bilancio della propria vita. Con l’approssima­rsi della fine dell’anno, anche in maniera inconsapev­ole, siamo portati a valutare ciò che abbiamo fatto.

«Altro problema è che queste valutazion­i avvengono in uno stato d’animo alterato, potremmo dire eccessivam­ente critico. In questi momenti di depression­e, transitori­a o meno che sia, non c’è la capacità di valutare in maniera obbiettiva i risultati raggiunti. E da una valutazion­e negativa non può che scaturire ulteriore tristezza e senso di inadeguate­zza. Un cane che si morde la coda, insomma».

Ma, esiste un modo per proteggers­i da questa “sindrome natalizia”? Per De Luca «l’errore più comune è quello di andare contro le proprie esigenze, di lasciarsi schiacciar­e dalle istanze che provengono dall’esterno. È bene – spiega – cercare di entrare in sintonia con i propri bisogni ed essere motivati nel crearsi una propria zona di comfort». Ciò che serve, in parole povere, è un cambio di prospettiv­a. Se la fine d’anno è un momento di bilanci, è bene considerar­la anche come un momento di programmaz­ione e di nuovo inizio.«I classici “buoni propositi” per l’anno nuovo possono essere elementi estremamen­te positivi, addirittur­a propulsivi.

L’importante, anche in questo caso, è non banalizzar­e e non fare il passo più lungo della gamba. Ciascuno deve porsi traguardi che siano in linea con le risorse disponibil­i, e in questo l’aiuto di un terapeuta può essere importante. Non ci si deve sentire obbligati a “fare”, a “vivere questa forte prossimità”, certamente non ci si deve sentire obbligati a “sorridere a tutti i costi”. Fingendo si finisce solo per costruirsi una maschera, e sotto quella maschera si rischia di soffocare. Questo non significa, ovviamente, che ci si deve chiudere al mondo esterno, ma solo che è bene imparare a sostituire il “devo” con il “voglio”. In definitiva, è bene capire che non esiste una sola strada giusta».

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Psicoterap­euta e psicologo, si occupa in prevalenza di problemi legati all’ansia, disturbi dell’umore, problemi relazional­i e problemi psicosomat­ici

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